E il bazooka sparò: la Banca centrale europea ha iniziato ieri il suo atteso programma di Quantitative easing, cioè l’acquisto massiccio di titoli dagli intermediari finanziari (banche e fondi), con lo scopo di dare liquidità al sistema finanziario e combattere la deflazione. Ecco il primo bilancio.  

1. Ieri è partito il Quantitative easing, ma che cosa ha fatto esattamente la Bce?  

Tutto l’Eurosistema – Bce a Francoforte e Banche centrali nazionali nei Paesi della zona euro – ha iniziato a comprare titoli di Stato e altre obbligazioni analoghe emesse da istituzioni europee. In passato la Bce accettava questi titoli come garanzia di prestiti (pronti contro termine), questa volta li compra, trasferendo quindi il rischio sul proprio bilancio. È una mossa dovuta al fatto che il costo del denaro in Europa è stato tagliato da Francoforte fino allo 0,05 per cento e non può scendere oltre. L’unico modo per usare la politica monetaria per influenzare l’economia è dunque tramite l’acquisto di titoli (la Bce può “stampare” quanto denaro vuole aggiungendo qualche zero su un monitor). Il piano di acquisti vale oltre 1.140 miliardi e continuerà, al ritmo di 60 miliardi al mese, fino almeno all’autunno 2016 o fino a quando l’inflazione non tornerà ad avvicinarsi al 2 per cento (oggi è -0,3 per cento).  

2. Quali sono i Paesi che avranno i maggiori benefici? Cosa succede all’Italia?  

L’impatto complessivo per l’Italia dovrebbe essere di 150 miliardi di euro, 130 acquistati dalla Banca d’Italia e 20 direttamente dalla Bce (la ripartizione del rischio tra Francoforte e le istituzioni nazionali è stato uno dei punti più contestati dai tedeschi che volevano evitare la totale mutualizzazione del rischio sovrano). Sui mercati si è visto un impatto evidente sui rendimenti dei titoli di Stato di Francia, Belgio e Germania, in forte calo, segno che lì si sono concentrati gli acquisti della Bce. Che, comunque, sta comprando varie cose: titoli Abs (derivati garantiti da mutui), obbligazioni della Bei e dei fondi salva Stati, oltre che i titoli di Stato. I rendimenti dei Btp italiani a 10 anni sono scesi del 2,58 per cento, quelli tedeschi del 21 per cento (ma sono molto bassi, da 0,40 a 0,31), secondo Bloomberg.  

3. In che modo si trasmettono all’economia gli effetti del Quantitative easing?  

Molti e non tutti facili da prevedere. Il primo: le banche hanno più liquidità che dovrebbero usare per finanziare famiglie e imprese. Ma non è detto che basti, visto che già ora c’è un eccesso di denaro a disposizione a basso costo ma poco a domanda (nessuno consuma e investe se pensa che non ci sarà la ripresa). Come già si è visto ieri, inoltre, i principali governi dell’eurozona risparmieranno un po’ sulla spesa per interessi sul debito pubblico . Soldi che saranno utili per eventuali nuove spese o investimenti (in Germania) o per evitare ulteriori tagli (Italia e Francia). Ma anche qui regna l’incertezza: la Germania già ora potrebbe spendere molto più di quanto sta facendo. Il governo è frenato da ragioni politiche – il complesso della formica a fronte di tante cicale – non certo dall’eccessiva spesa per interessi. Il terzo canale di trasmissione è la Borsa: se scendono i rendimenti dei titoli di Stato, molti investitori si spostano su altri investimenti più remunerativi, come le azioni. Ieri Piazza Affari ha chiuso in rialzo dello 0,57 per cento, tornando su livelli che non vedeva da quattro anni. Ulteriore beneficio del Quantitative easing: se ci sono più euro in circolazione, il tasso di cambio si indebolisce rispetto alle altre principali valute, in particolare il dollaro, rendendo le nostre esportazioni più competitive (chi compra, all’estero, paga meno). L’euro ormai è a 1,08 sul dollaro e da mesi continua a scendere, grazie agli annunci di Draghi.  

4. Tutto molto bello. Ma ci sono rischi o è una operazione da cui arrivano soltanto vantaggi?  

Il pericolo maggiore è che non funzioni: i Quantitative easing attuati dalle banche centrali di Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone hanno dato risultati non univoci. In alcuni Paesi ha funzionato bene (Usa), in altri meno. La struttura finanziaria europea, con le imprese che si finanziano in banca e non con l’emissione di obbligazioni, rende molti benefici incerti. Al momento non c’è un piano B: se il Quantitative easing non riesce a ridare slancio all’economia europea, il contraccolpo di delusione sarà forte. Non solo: rendendo meno convenienti investimenti a basso rischio come i titoli di Stato, la Bce spinge gli investitori ad assumersi più rischi investendo altrove. Si possono quindi creare bolle che, quando si sgonfiano, producono vittime. Inoltre gli europei più poveri, che non hanno risparmi e quindi neppure investimenti, non hanno benefici diretti dal programma.  

Twitter: @stefanofeltri

il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2015

Articolo Precedente

Front National, indagati 20 portaborse di eurodeputati della Le Pen: “Frode all’Ue”

next
Articolo Successivo

Eurogruppo, il segreto (greco) di Pucinella: tutti sordi a Bruxelles?

next