Cosa c’entra il vincotto dolce, ingrediente di tanti piatti tipici della Puglia, con la pizza? Apparentemente nulla, ma le vie del “Cuettu” – così lo chiamano in dialetto – sono infinite.

Così l’Associazione pizzaioli professionisti, in collaborazione con la rete informale Più Gusto – Vincotto Experience ha presentato a Modugno, in provincia di Bari, la pizza omonima, che prevede l’inserimento nell’impasto di una dose di vincotto dolce di uva e, come condimento, l’utilizzo di una lunga serie di ingredienti dell’eccellenza territoriale pugliese, dalle conserve al capocollo, dai pomodorini a latticini e prodotti caseari. Nel dettaglio il “Cuettu”, l’ingrediente che caratterizza l’impasto della pizza Più Gusto, è mosto cotto d’uva. Ha la consistenza di uno sciroppo e il gusto è dolce e aromatico. Il vincotto è particolarmente ricco di polifenoli, antiossidanti naturali che derivano dall’uva rossa.

“Come tutti i vincotti salentini – spiega Luigi De Bellis, direttore del DiSTeBA dell’Università del Salento – che sono condimenti/alimenti agrodolci ottenuti dalla lenta cottura del mosto d’uva cotto e del vino fino a ottenere uno sciroppo analcolico, è caratterizzato da una significativa concentrazione di polifenoli dagli effetti benefici. Indagini epidemiologiche hanno infatti portato alla conclusione che l’assunzione di alimenti ricchi in polifenoli porta ad una riduzione dell’incidenza di malattie quali le malattie cardiovascolari, il diabete mellito ed alcuni tipi di cancro”.

Una pizza, dunque, che oltre al gusto e all’indubbia innovazione, sembra poter offrire a chi la assaggerà anche benefici in termini di salute. Ma anche in questo caso, come in quelli analoghi, vale soprattutto una domanda fondamentale: alla gente piacerà? Perché se portare al cambiamento quando si parla di piatti così tradizionali non è facile, sembra ancora meno semplice cambiare i gusti (consolidati) dei consumatori.

www.puntarellarossa.it

Articolo Precedente

Le figurine Panini – Seconda parte: tanti giochi, e tutti divertenti

next
Articolo Successivo

Catania, la cucina dei monaci benedettini spiegata in un corso

next