E’ la Gagosian Gallery rossocrociato: tre gallerie d’arte strategicamente posizionate tra Ginevra, Saint Moritz e Gstaad, dove sono di casa Damien Hisrt, David LaChapelle e Mark Quinn. Patricia Low, anche oltre confine difende il suo primato d’intelletto chic dell’arte contemporanea. “I would rather die before I sell my Warhol” (“Preferisco morire piuttosto che vendere il mio Warhol”). Oh, yes. Così si intitolava la sua ultima mostra nella galleria di Gstaad, tenuta a battesimo da tutto quel mondo che solitamente snobba l’art system degli appuntamenti internazionali (Londra, Miami, Basilea).

Tanto Patricia l’arte che vale gliela fa arrivare porta a porta. Come al tipetto che vende diamanti (nome top secret) e l’ingresso del suo nuovo fiammante chalet di Gstaad brilla di ritratti di Andy Wharol di ogni dimensione e colore. Ammiccano i faccioni di Mao, di Marylin Moonre, di Liza Minelli, da fare scoppiare d’invidia la Tate Gallery.

Sfilano peli, pellicce e pelli (umane tirate come tamburi) e il Gran Hotel Park, con nuova gestione di Gianni Biggi, napoletano superdoc dall’animo zen, fa una scelta “controvento”: mentre il franco balza in avanti rispetto all’euro, mister Big(gi) inaugura “Fiocchi di cultura gourmet”. E lo fa con tanto di testimonial arrivato direttamente da Anacapri: Tonino Cacace, l’occhio più blu del mediterraneo, in trasferta in alta quota. Che incantava quanto i grandi maestri del XIX secolo della pittura Italiana, capolavori delle arcinote “Galleria d’arte Vittoria Colonna” e della “Società di belle arti“. E in tempi di svalutazione meglio investire in un bel quadro che in un gioello. Sfavilla di meno, ma dura di più. Il tutto allietato da chitarra e mandolino capresi e da prelibatezze preparate dallo chef Andrea Migliaccio del Ristorante ‘L’Olivo’, 2 stelle Michelin del Capri Palace Hotel.

Ancora trionfo della napoletaneità con Giada Magliano Santasilia, moglie dell’ambasciatore a Parigi, madrina de ‘Il sacrificio di Eva Izsak’ (Chiarelettere), letto d’un fiato. Incredula che una storia del genere sia potuta accadere.

E voilà il vernet-assage (da vernissage), così lo chiamano quelli del settore: da Los Angeles, passando per Singapore, toccata e fuga a Parigi. Marshall Vernet approda a Gstaad per esporre i suoi click d’autore “Silence within the walls” (Silenzio tra le mura). E poi subito a Milano per un’altra esposizione durante la design week.

Marshall, da director di spot televisivi glamour e hollywoodiani a paesaggista, trasferisce in foto la stessa tecnica d’immediatezza e d’impatto. Stampate in grande formato su carta di cotone, solo bianco e nero e tutte le sue sfumature. L’effetto è quello di un disegno a carboncino o a gessetto.
Preludio per amanti e sfaccendati perchè Art Gstaad diventi il fanalino di coda di Art Basel.

Twitter@januariapiromal

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