Sette partite e sei gol, uno ogni 72 minuti, due dei quali ai rivali storici della Juventus. Mohamed Salah è già entrato nella storia della Fiorentina. Grazie alla sua velocità? Alla sua immagine di ragazzo per bene? No. Tutto questo non basta per entrare così rapidamente nel cuore di una città come Firenze, che vive ancora col ricordo dell’eleganza di Antognoni e Rui Costa o della potenza di Batistuta. Salah è entrato nella storia viola facendo quello che gli è sempre riuscito bene (correre, fare gol e pregare) in un palcoscenico d’eccezione: allo Stadium di Torino, ieri sera, nell’andata di Coppa Italia. Un coast to coast di 70 metri e un raddoppio di rapina, entrambi conclusi inginocchiandosi a baciare il terreno: passepartout per gli annali della Fiorentina e, soprattutto, per l’amore della curva.

Corsa, velocità e tecnica il giovane Salah le mostrava già nei campi sabbiosi di Basyoun, dove è nato, una piccola città nel nord dell’Egitto, poco a sud-est di Alessandria, nel cuore del Delta del Nilo, dove per vivere si coltiva cotone. Nato da una famiglia molto devota, Salah deve a suo padre la possibilità di giocare a calcio: quando gli si prospettò davanti la carriera professionistica, il padre ha dovuto decidere con la moglie se permettergli di seguire un sogno o farlo concentrare negli studi. “Alla fine ci siamo detti – racconterà l’uomo a Erem News – che dovevamo lasciarlo andare con Dio. E Dio l’ha portato nel calcio”.

Ora Mohamed deve correre e pregare anche per la sua famiglia. Piccoletto, ma tecnico, rapido e sgusciante come spesso sono i calciatori del Nord Africa, Mohamed, classe 1992, si mette presto in mostra e a 16 anni debutta nel calcio professionistico egiziano con l’Al-Mokawloon, entrando subito nel giro della Nazionale. Nei quattro anni che rimarrà in patria, si guadagnerà il soprannome di “Messi d’Egitto”. Il suo nome arriva anche alle orecchie degli osservatori del Basilea che, nel 2012, lo portano in Svizzera. Mohamed ora è nel calcio europeo, quello che conta, e con il suo nuovo club giocherà la Champions e l’Europa League. Mohamed, però, non dimentica le sue origini: corre e prega, prega e corre, perché è per questo che la sua famiglia lo ha lasciato partire.

Corre veloce e bene, tanto che i due anni in Svizzera si concluderanno con 47 presenze e 9 gol, alcuni dei quali in Europa. Uno di questi, quello del momentaneo 1-0 contro il Chelsea, cambierà la sua vita. Sì, perché sulla panchina avversaria siede un certo Josè Mourinho che tira fuori 15 milioni di euro e lo porta a Stamford Bridge. C’è anche tempo, nella sua avventura svizzera, per un episodio che ha fatto molto discutere e per il quale il centrocampista offensivo è stato accusato di antisemitismo: durante una sfida europea contro il Maccabi Tel Aviv, non ha dato la mano ai calciatori della squadra israeliana. “Solo polemiche sterili – ha risposto – io non sono antisemita e il mio comportamento non era una dimostrazione di odio contro gli ebrei”.

Polemiche presto dimenticate quando arriva il momento di volare a Londra. La capitale inglese, però, gli regala poche gioie. Ai margini della squadra e all’ombra degli altri grandi campioni, Salah collezionerà, in un anno e mezzo, 13 presenze e due reti. Il club lo vede come una buona pedina di scambio ed è a questo punto che arriva l’ennesima svolta, nell’ultimo mercato di gennaio. I Blues bussano alla porta della Fiorentina con un’offerta: “Per Cuadrado vi diamo 30 milioni, più 18 mesi di prestito di Salah, con diritto di riscatto fissato a 15 milioni”. Affare fatto.

Salah può tornare a fare quello che sa fare meglio: correre e pregare. In una Fiorentina frastornata dall’addio del talento colombiano, il giovane egiziano deve caricarsi sulle spalle una pesante eredità. Basta poco, però, a far dimenticare la Vespa: Sassuolo, Torino, Tottenham, Inter e Juventus. Salah le punisce tutte. Non importa, allora, se il talento egiziano non entra in campo se prima non prega e ringrazia Dio, costringendo Babacar a giocare infortunato contro l’Inter: “Finché gioca così va bene”, ha poi scherzato Montella. Forse Mourinho sta rimpiangendo una valutazione troppo frettolosa e forse non conosceva il suo nome per intero: Mohamed Salah Ghaly, che in arabo vuol dire “prezioso”.

Twitter: @Gianni Rosini

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