L’hanno ribattezzata la “galleria degli orrori”: un’esposizione di tutte le diverse confezioni di Parmigiano reggiano e Grana padano taroccati, che si possono incontrare in giro per il mondo. Ci sono, ad esempio, il Parmesao brasiliano, il Reggianito argentino o il Parmesan americano. Una produzione di falsi che nel 2014, per la prima volta, ha sorpassato quella degli originali, con un danno che solo in Emilia Romagna è stimato in 8 miliardi di euro di reddito e 30 mila posti di lavoro.

L’allarme lo lancia la Coldiretti, in un dossier sul Parmigiano, diffuso nel corso di una manifestazione di protesta organizzata giovedì 5 marzo a Bologna, proprio per difendere uno dei formaggi più amati al mondo. “Sono tutte confezioni che richiamano l’italianità, ma sono prodotti fatti all’estero” spiega Marco Allari Olivieri, direttore della Coldiretti Emilia Romagna. “Si tratta di un furto di valore e di un furto d’identità che porta un gravissimo danno alla nostra produzione. Basti pensare che il fenomeno dell’italian sounding pesa a livello mondiale per oltre 60 miliardi di euro”.

Così, mentre sulla via Emilia chiudono stalle e allevatori gettano la spugna, nell’anno passato la produzione delle imitazioni del Parmigiano e del Grana ha raggiunto un record, superando i 300 milioni di chili contro i 295 della produzione nostrana. Si tratta di forme e grattugiati realizzati in gran parte negli Stati Uniti: si va dal falso parmigiano vegano a quello della Comunità Amish, dal parmesan vincitore del titolo di miglior formaggio negli Usa, al kit che promette di farlo in casa in soli due mesi. Sul terreno del falsificazione gli Stati Uniti sono leader, con produzioni soprattutto in Wisconsin, California, e New York.

Ma c’è anche il parmigiano in cirillico realizzato in Russia dopo l’embargo, che fa compagnia al parmesan perfect prodotto in Australia. Sul mercato europeo e in Italia sono poi arrivati cosiddetti similgrana di bassa qualità, spesso venduti con nomi di fantasia, che ingannano i consumatori sulla reale origine, che è prevalentemente di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia e Lettonia. A pesare sul settore è poi la forbice tra prezzi al consumo e quelli alla produzione. Lo spiega bene sempre il direttore della Coldiretti Emilia Romagna. “Da gennaio a dicembre 2014, il prezzo del Parmigiano reggiano per il consumatore è calato di circa il 4%, passando da 16,45 euro a 15,75. Mentre il prezzo pagato alla produzione è sceso del 20%, da 9,12 euro a 7,31. Se le regole dell’economia funzionassero il calo dovrebbe essere uguale. Invece siamo di fronte a una distorsione del mercato”.

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