L’ultima avventura di Matteo Salvini e le relative reazioni che si sono scatenate sui social network mi hanno dato modo di formulare alcune curiose considerazioni sulle percezioni della memoria.

Novello Garibaldi, percorre il Belpaese da Nord a Sud, animato da uno spirito tricolore che tanti terùn fanno veramente fatica a buttar giù. E probabilmente anche gli animi più puristi della Lega, ma almeno forse in cuor loro su qualcosa concordano con gli ex sudici fratelli italiani, oggi riabilitati solo perché gli sbarchi di sudici ancora più sudici ha permesso loro un upgrade.

Il multiregionale Matteo oggi non è più solo padano, è italiano. Dal suo account Twitter ammonisce i follower ricordando loro che i confini della nostra Italia vanno difesi. Insomma ha chiaramente lanciato un messaggio inequivocabile: l’Italia è una, cari signori elettori!

Orbene, la maggior parte degli italiani era già giunto a questa impressionante verità fin dai primissimi giorni della scuola dell’obbligo, ma andiamo avanti.

Non stiamo sempre a rivangare il passato, no. Si sbaglia, si cancella e si rifà. È giusto proseguire con uno sguardo nuovo, pulito soprattutto. Questo vogliono gli italiani!
Un attimo però. Nel tweet sopra citato, Salvini per smuovere le coscienze del popolo italico alla difesa dei nostri confini, fa leva proprio su un momento storico, che lui individua in un impeto di sintesi con precisione nel 1915, dimostrando comunque di avere una certa flessibilità mnemonica.

Come è possibile dunque che abbia saltato con altrettanta precisione il 2009 nei suoi calcoli?

Nel tuttavia recente 2009 si brindava alla festa di pontida esprimendo disappunto riguardo all’uso del sapone da parte dei napoletani, apostrofati come “colerosi e terremotati“. Di questi e altri insulti paga oggi il prezzo il pellegrinaggio di Salvini ed era prevedibile che ad accoglierlo a Palermo ci fossero gli altrettanto calorosi cori dell’Orgoglio Terrone. A poco sono servite le lodi tessute in onore degli squisiti cannoli siciliani e la felpa d’ordinanza con ben in vista il nome della splendida isola.

Qualora continuasse secondo questo format, gustando cannoli in Sicilia, resuscitando i fascisti a Roma o ipoteticamente cantando “O’ Sole mio” a Napoli, ballando il liscio in Romagna, sbranando arrosticini in Abruzzo, c’è comunque un dato di fatto che viene sottovalutato.

Non è vero che gli italiani hanno la memoria corta. Esiste un’identità regionale, esiste una memoria storica, e generalmente quella degli insulti è a più lunga conservazione.

di Giusy Sciacca

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