Martedì è il giorno della riforma della scuola. Dopo gli annunci di settembre, mesi di consultazione e settimane di attesa, nel primo consiglio dei ministri di marzo vedranno la luce il decreto legge (circa 40 articoli) e la bozza di legge delega con cui si articolerà il provvedimento. E finalmente il governo chiarirà in maniera definitiva le sue intenzioni. Innanzitutto sul promesso e attesissimo piano straordinario di assunzioni, il cardine del progetto o comunque il punto su cui si riversano più aspettative, perché in ballo ci sono 180mila posti e il futuro di circa 300mila precari. Ma ci sono anche altri temi molto caldi: come la valutazione dei docenti e il sistema di progressione di carriera, che passerà dall’anzianità al merito (almeno parzialmente). E ancora: la formazione degli insegnanti del futuro, l’alternanza scuola-lavoro, la digitalizzazione, l’edilizia scolastica. E pure le detrazioni per le scuole paritarie, tema politicamente controverso, che stando alle ultime indicazioni dovrebbe trovare spazio nel decreto.

SUBITO 110MILA ASSUNZIONI. NEL 2016 CONCORSO “DIVERSO”
A settembre il ministero aveva messo nero su bianco il numero di 148mila cattedre da assegnare subito, più 40mila con un concorso nel prossimo triennio. Oggi quella cifra è leggermente cambiata: le assunzioni saranno complessivamente 180mila. Resta da capire come verranno distribuite e a chi spetteranno. Uno degli obiettivi principali del provvedimento resta lo svuotamento delle Graduatorie ad esaurimento, sacche del precariato storico che paralizzano il sistema di reclutamento. Non saranno esaurite del tutto, ma in buona parte: circa 105-110mila, in lista resteranno poche migliaia, fra quelli che non hanno mai insegnato e che sono iscritti su classi di concorso troppo sature.
Per realizzare il nuovo organico funzionale e colmare i posti vacanti ci sarà bisogno di altri 15-20mila insegnanti: verranno presi dalla seconda fascia delle Graduatorie d’Istituto (le liste che assegnano le supplenze), in base all’anzianità di servizio e a luoghi e materie di fabbisogno. Attenzione, però: questi precari non saranno assunti, perché pur essendo abilitati non hanno un titolo concorsuale che autorizza la stabilizzazione. Andranno in cattedra con un contratto annuale, ma anche loro, come gli altri, dovranno passare dal prossimo concorso (da 60mila e forse più posti), che sarà bandito a breve e concluso in modo tale da procedere alle assunzioni a settembre 2016. Concorso che – fanno sapere fonti governative – “sarà radicalmente diverso dal precedente di Profumo”: rispetto al passato prevista una forte valorizzazione dei percorsi (dei 20mila che saranno già in cattedra, dei precari con molto servizio alle spalle e anche dei tieffini che hanno superato una prova per abilitarsi). “Nel giro dei prossimi 5 anni, fra assunzioni straordinarie, concorso e regolare turnover contiamo di assorbire non solo le GaE ma anche tutti gli abilitati”. Domani, però, nel decreto potrebbero non esserci numeri precisi, solo criteri di reclutamento. Proprio per non generare false speranze e creare ulteriori polemiche.

SGRAVI PER LE PRIVATE?
Potrebbe essere una delle grandi novità dell’ultimo momento. Anche perché il piano originario de “La buona scuola” non parlava di risorse per le scuole private, al massimo di finanziamenti privati per la scuola pubblica (e anche lì c’erano già state grandi polemiche). Ma, da quando è ministro, Stefania Giannini ha sempre tenuto a sottolineare “l’importanza delle partitarie, dove sono iscritti circa un milione di studenti che altrimenti graverebbero sulle finanze dello Stato”. E poi il tema è molto caro a Forza Italia e ai suoi responsabili scuola, che potrebbero così partecipare alla riforma. Per questo si parla di nuove detrazioni (fino a 4mila euro) per le famiglie che decidono di mandare i propri figli alle private. Certo, bisognerà vedere quali saranno i criteri di concessione (verosimilmente in base al reddito) e soprattutto l’importo del fondo stanziato per la misura. Sicuramente il provvedimento farebbe molto discutere. Sindacati studenteschi e opposizioni si scatenerebbero (basti pensare che il Movimento 5 stelle nella sua “controriforma” propone esattamente il contrario, ovvero l’abolizione di ogni tipo di finanziamenti alle private). E anche all’interno del Pd potrebbero esserci fratture importanti fra l’ala sinistra, da sempre ideologicamente contraria, e la fronda più centrista (negli scorsi giorni 44 deputati di maggioranza hanno firmato una lettera per perorare la causa delle paritarie).

SCATTI DI MERITO E NUOVO PERCORSO DI CARRIERA
Altro tema scottante è la riforma delle carriere dei docenti. Punto che ha fatto molto discutere, perché il passaggio dagli scatti di anzianità a quelli di merito potrebbe non essere indolore per le buste paga di tanti insegnanti . E i sindacati – che non sono stati consultati su una materia che a loro dire riguarda il contratto nazionale di lavoro – sono sul piede di guerra. Ma il governo tirerà dritto verso la cosiddetta “rivoluzione meritocratica”. Anche se la Giannini di recente ha affermato che gli anni di servizio continueranno ad avere un peso (i gradoni non saranno aboliti, come previsto in origine). Si preannuncia un sistema “misto”, dunque. E la curiosità non è tanto sulle percentuali (che dovrebbero essere sbilanciate verso i nuovi bonus), quanto sulle modalità con cui dovrà avvenire la valutazione dei docenti.

Nella legge delega, invece, (insieme a tante misure più complesse, come la riforma del sostegno o delle classi di concorso) dovrebbe confluire anche il progetto per la formazione dei docenti del futuro. Secondo quanto appreso da ilfattoquotidiano.it, il ministero ha nuovamente cambiato idea sulla possibilità di reincludere l’abilitazione all’interno del percorso di laurea: niente 3+2 abilitante, ma neanche più Tfa (il secondo bando di Tirocinio Formativo Attivo dovrebbe essere l’ultimo, fermo restando che verrà studiata una soluzione per chi si trova nella transizione fra i due sistemi). In futuro l’abilitazione dovrebbe essere più spostata verso il concorso, delineando un percorso unico in grado di portare in cattedra i docenti a 26-27 anni. Ancora poche ore d’attesa, poi il governo dovrà mostrare le sue carte sulla scuola.

Twitter: @lVendemiale

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