Propongo al ministro della Giustizia Orlando, a cui riconosco una indiscutibile onestà e una profonda incompetenza, di inviare il testo della infausta legge appena approvata dalla Camera (con cui chi ne ha i mezzi può tenere a bada i magistrati e respingere la sentenza) ad un giurista americano, chiunque, ma con un limite di credibilità e di valore. Per esempio, il capo di una Scuola di Legge delle prime dieci più prestigiose università degli Stati Uniti. Infatti, in quel Paese, la School of Law non è una facoltà tra altre. È un ciclo completo di studi giuridici dei Paesi democratici. Non pretendo di sapere da Orlando che risposte riceverà, anche perchè è facile immaginarlo. Il fondamento della giustizia, come sa bene la mafia, è che non si possa intimidire il giudice. Mi rendo conto della situazione impossibile. Il ministro Orlando, privo di esperienza e di cultura giuridica, ha seguito, secondo la volontà del suo partito, il percorso giuridicamente rozzo disegnato da un senatore, anche lui diplomato (nel caso, perito industriale). Siamo di fronte a un cumulo di incompetenze, e non si tratta di prendersela con le persone. Non è stato Orlando ad autoproclamarsi senza ragione ministro della Giustizia (come un bravo cittadino che fosse buttato all’improvviso, con mascherina e guanti, dentro una sala operatoria). Non ha deciso da solo che toccasse a un altro diplomato di scrivere la legge più delicata e complessa tra quelle che regolano l’intero sistema giudiziario (indipendenza, libertà e non intimidazione dei magistrati). Tuttavia mi piacerebbe che, da persona per bene, si rendesse conto della legge-disastro che ha presentato, sia pure sotto un altro nome, e che resterà “la legge Orlando”, destinata a entrare nei libri di storia come l’unica legge occidentale con cui ogni condannato, se ricco abbastanza, può rovinare il magistrato, facendogli sapere, fin dall’inizio del processo, che il giudice sarà comunque a sua volta giudicato, per buone o cattive ragioni, per ogni atto che sta compiendo, se l’imputato ha i mezzi e gli avvocati adeguati. Ad esempio, se il presunto assassino della ragazzina Yara fosse ricco e se la nuova legge fosse già in vigore, c’è da domandarsi se i giudici continuerebbero a tenerlo in carcere prima del processo nonostante l’evidente rischio di fuga, visto che ogni nuova conferma della detenzione preventiva può diventare, nel ricorso previsto, e secondo il dettato della legge Orlando, un capo di accusa o comunque una ragione di processo.

Tutti ricordano il principio, valido in ogni Paese, secondo cui non sono possibili referendum sull’ammontare, per quanto ingiusto, di una tassazione. Quel lavoro resta nelle mani delle persone che hai eletto, nella speranza che siano in grado di realizzare una mediazione accettabile fra Stato e cittadini. Ma poiché nessuno è incline a ritenere giusto il livello delle tasse che paga, i cittadini vengono esclusi dall’interloquire direttamente, e per questo esiste, se funziona, il Parlamento. Adesso invece il cittadino, se abbiente, può perseguitare il giudice, proprio la persona del giudice, che in ogni momento del suo lavoro sa che l’imputato abbiente ha tre anni di tempo per trovare una buona ragione di accusa (indipendente dai tre gradi di giudizio) che durerà a lungo, che lo espone a una sanzione umiliante e severa (perdita della metà dello stipendio) e che lo tiene comunque sotto minaccia. Ho detto “imputato abbiente” perché questa è una legge ovviamente dedicata ai ricchi e dunque soprattutto ai grandi e illustri imputati (metti, per fare nomi a caso, Berlusconi o Dell’Utri). Ma niente vieta, nello slancio antigiudici che sembra animare i berlusconiani di sinistra, e non solo quelli di destra, in Parlamento, che si formi un corpo di avvocati volontari che si offrono al condannato meno abbiente una loro “spontanea” assistenza antigiudice pur di tenere finalmente a bada il potere giudiziario. È infatti il solo che non sia crollato, come la politica e il giornalismo, al passaggio dell’imprenditore ricco in grado di acquistare la Rai, le ragazze, la maggiore casa editrice del Paese e un pacchetto di senatori. Citerò Violante per smentire l’affermazione corrente che fa da traino alla nuova legge, e che giornali e TV ripetono. Domanda: “Questa legge andava varata in fretta perchè ci è stata richiesta dall’Europa?” Risposta: “No, è soltanto una bugia. L’Europa non c’entra nulla. La politica deve assumersi la responsabilità delle proprie scelte”. (Corriere della Sera, 25 / 2).

Ed ecco ciò che il berlusconismo di sinistra ritiene sia la legge sulla Responsabilità civile (personale, non dello Stato, e, come tale, inammissibile in qualunque ordinamento democratico) dei magistrati. Primo, non c’è filtro di ammissibilità. Basterà il comprensibile cattivo umore di chi ha persona una causa. È importante per creare affollamento e dire: vedete? finalmente il cittadino può difendersi. Secondo: “È colpa grave la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Ue”. Poichè, come è noto, non esiste un corpo di norme civili, penali o costituzionali che possano essere chiamate “diritto dell’Unione Europea” l’affermazione è priva di senso pratico e giuridico. Terzo: “(occorre punire) il travisamento del fatto o delle prove”. Di nuovo la frase non è interpretabile nè verosimile, date le garanzie del dibattito in tre gradi di giudizio – e dispiega tutto il suo berlusconismo puro. Al punto che gli avvocati di B. essendo anche parlamentari, non azzardavano affermazioni del genere in aula giudiziaria, ma lo facevano solo in Parlamento. Una cosa si può predire. Questa legge sull’intimidazione dei magistrati lascia un segno profondo, deformante e imbarazzante, che diventerà una svolta storica, sull’immagine di questo governo. È un impegno distruttivo (prima le garanzie del lavoro poi le garanzie della giustizia) non si sa se politico o caratteriale, se spontaneo o dovuto a un disegno che tuttora non si conosce.

il Fatto Quotidiano, 1 Marzo 2015

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