Fattore H, slalom di un disabile nella nostra società”, edito da Rizzoli, è un libro “scritto di getto”. L’autore è un ragazzo milanese di 21 anni, Tyrone Nigretti, orfano e sulla sedia a rotelle da quando è nato. Tetraparesi spastica fu la diagnosi. Nel 2015 è ancora molto faticoso essere disabili. Questo suo libro, fatto di pensieri precisi e diretti, lo testimonia in maniera tagliente e disincantata.“Vorrei che ciò scrivo cambiasse gli atteggiamenti perbenisti e falsi che ancora oggi esistono nei confronti della disabilità”. Ma cos’è questo fattore H? “Volevo attribuire un nuovo termine alla disabilità, un vocabolo che non fosse nutrito di pregiudizi – spiega a ilfattoquotidiano.it Nigretti -. Un termine che facesse sentire figa la persona portatrice, libera da ogni preconcetto, e che racchiudesse in sé sia l’handicap che l’hip hop”. Che è la sua grande passione.

Tyrone è abituato da sempre agli sguardi insistenti delle persone. “Non potendo camminare ho trascorso la mia tenera età, dalla nascita ai cinque anni, nel passeggino, per poi passare definitivamente a una sedia a rotelle. Per la gente che mi fissava ero come un fenomeno da baraccone, un alieno da analizzare e, per qualcuno, addirittura da evitare”. Chissà cos’avranno mai da guardare. “Penso che il più delle volte lo facciano perché sono annoiati, e fissarmi gli permette di pensare a qualcosa di diverso – ci dice Nigretti -. Altre volte forse prende il sopravvento in loro una curiosità pura e semplice, magari legata alla logistica della mia vita”.

Poi arrivò la scuola, e ancora prima l’asilo: “Portavo il pannolino, molte persone con la tetraparesi come me soffrono di problemi di incontinenza. Ma le maestre decisero che io non ne avevo più bisogno. Me lo tolsero, e mi misero le mutande con la pretesa che acquisissi all’istante il pieno controllo della vescica. E così me la feci addosso. Le maestre si arrabbiarono molto, mi aggredirono: ‘Se lo fai ancora, la prossima volta ti appendo all’albero ad asciugare’. Non andò meglio alle elementari: “Le maestre sostenevano che scrivevo troppo lentamente e che rallentavo il programma. E allora dovevo allontanarmi dall’aula con un insegnante di sostegno. Quando stavo in classe, la maestra di italiano andava in ansia e sbuffava se le chiedevo di ripetere una seconda volta le parole che aveva detto”.

Fuori c’erano e ci sono le intramontabili barriere architettoniche. “Non ho viaggiato molto, ma posso dirti che Milano, in quanto a mezzi pubblici, esclusa la metropolitana, è un paradiso, almeno rispetto a Napoli e Roma – sostiene Tyrone -. Nonostante questo, non puoi mai uscire tranquillamente: devi sceglierti una meta e studiare il percorso da fare per evitare magari di arrivare con l’autobus a una fermata, senza poter poi scendere dal marciapiede. I locali? Non ne parliamo. La maggior parte sono inaccessibili”.

E non sono da meno quelle che lui chiama “barriere architettoniche mentali”. Spesso, nei momenti di disagio, gli sono stati più d’aiuto gli stranieri che i connazionali. “Hanno una forte capacità di empatia: sanno cosa significhi essere accettati per finta”. Intanto l’equazione disabilità fisica uguale disabilità mentale resta dura a morire, così come l’associazione tra la sedia a rotelle e la presunta impossibilità di una normale vita sessuale.

“Fattore h – slalom di un disabile nella nostra società” parla anche d’altro. Di disabilità in tv, “dove viene vista come qualcosa da prevenire e sconfiggere”; di un certo assurdo luogo comune che vuole i disabili avvantaggiati nel mondo del lavoro per via delle categorie protette; dell’utilizzo di droghe leggere a fine terapeutico; del difetto numero 1 di uno spastico, quello “di non riuscire a mascherare le proprie emozioni”. E del rap, la sua passione insieme alla scrittura: “Certo, poi mi capita di leggere commenti di questo tipo sui social: Chi insulta Fabri Fibra è un handicappato’. Io sono handicappato, e pure a me Fabri Fibra piace. E non lo insulto”.

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