Non si trattò di un'”azione paramilitare” né di “terrorismo“, perché gli imputati volevano sì attaccare il cantiere, ma senza “far male a nessuno”. I quattro No Tav assolti dalla Corte d’Assise di Torino dall’accusa di terrorismo per l’assalto a colpi di molotov al cantiere della Torino-Lione, nella notte tra il 13 e il 14 maggio 2013, non intendevano “attentare alla vita o all’incolumità delle persone presenti nel cantiere”. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza depositate oggi. “In Val di Susa non si vive affatto una situazione di allarme da parte della popolazione”, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza dello scorso 17 dicembre, e “nessuna delle manifestazioni violente fino a ora compiute ha inciso, neppure potenzialmente, sugli organismi statali interessati alla realizzazione dell’opera”.

La minaccia portata al cantiere, secondo la Corte presieduta da Pietro Capello, non è stata “di dimensioni tali da rientrare nella previsione normativa” per configurare il reato di terrorismo. In sostanza, scrivono i giudici, “non si ritiene che la programmazione emersa dal tenore delle telefonate oggetto di intercettazione”, dal “numero di soggetti concorrenti”, dalle “armi proprie o improprie utilizzate fossero di per sé tali da incidere, anche solo potenzialmente, sulla volontà dello Stato di proseguire i lavori programmati”. Inoltre, ribadiscono i giudici, “appare altresì incontrovertibile la mancanza, in capo agli imputati, della volontà di attentare alla vita o all’incolumità delle persone presenti nel cantiere”. Volontà che “non deve essere confusa con l’accettazione del rischio che quell’evento si realizzi”.

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