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Islam senza moschee, si prega anche in discoteca: “Costituzione non rispettata”

Il fotografo Nicolò De Giorgis ha girato per cinque anni i centri di preghiera "informali" del Nordest, e ne ha tratto un libro. "Siamo noi che vogliamo nasconderli, non loro", dice a ilfattoquotidiano.it. I boy scout musulmani a Verona, il Ramadan in piazza a Villorba. Ora ha deciso di pubblicare i commenti scatenati da una recensione del Guardian

di Raffaella Cosentino

Altro che nascosti. I centri islamici italiani fanno molto per farsi conoscere dalle comunità locali, ma quando trovano un luogo nel centro città per una moschea, nella maggior parte dei casi scatta la dura opposizione da parte di cittadini, stampa, politici, che tendono a respingere i musulmani verso la periferia. “Poco si sa di tutte le difficoltà pratiche che una comunità religiosa che vuole solo incontrarsi per pregare deve affrontare”. E’ la tesi di Nicolò Degiorgis, fotografo ventinovenne altoatesino che per cinque anni è andato in giro per le “moschee” non ufficiali del Nord Est. “Il centro islamico di Spinea, in provincia di Venezia, come segno di apertura ha pagato Google Street perché entrasse e riprendesse anche dentro – racconta l’autore del libro fotografico Hidden Islam – a Villorba, in provincia di Treviso, la comunità musulmana festeggia la festa di fine Ramadan nel centro del paese per coinvolgere tutti. A Verona ci sono i boy scout musulmani. In molte moschee si tengono corsi di arabo frequentati da donne italiane”. La religione è la stessa, ma le nazionalità e le lingue dei fedeli non lo sono. “Per questo ci sono vari momenti in cui nelle moschee si parla in italiano, che è la lingua comune”, spiega il fotografo.

È l’islam italiano. Quello professato da tante comunità di immigrati che vivono e lavorano nel Nord Est ma non riescono ad avere un luogo di culto riconosciuto. Si ritrovano a pregare dentro magazzini, garage, palestre, capannoni, negozi, discoteche. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, diventando un caso mondiale: il libro “Hidden Islam” ha vinto premi internazionali come il Festival di Fotografia di Arles, il libro fotografico tedesco e il Paris Photo.

“In Italia la Costituzione garantisce la libertà di culto –sottolinea Degiorgis – ma nonostante l’Islam sia la seconda religione dopo il cattolicesimo con 1,35 milioni di fedeli, esistono sul territorio nazionale solo 8 moschee ufficiali”. Questa carenza di luoghi di preghiera è particolarmente acuta nel Nord est, dove è stata richiesta molto manodopera immigrata, ma è più forte la propaganda leghista anti-islamica”, sostiene. Così le comunità musulmane hanno messo in piedi un gran numero di luoghi di culto temporanei e di fortuna. “Non è corretto tradurre il titolo come Islam nascosto – spiega l’autore – sono stato accolto molto bene e non è assolutamente vero che non si vogliono fare conoscere, cosa di cui spesso li si accusa. In inglese hidden indica anche qualcosa che viene nascosto dagli altri”. Degiorgis precisa che il libro si riferisce a una specifica realtà, il Nord est negli anni di governo della Lega. “Ritengo che la Costituzione a livello locale non venga rispettata– continua l’autore – la stima di 700 centri islamici in Italia è assurda”.

Molte fotografie sono state scattate durante il Ramadan. Forte è il contrasto tra le persone colte in raccoglimento e i luoghi fisici in cui questo avviene. “Il mio libro mostra che, al di là di tutta la strumentalizzazione, sono semplicemente posti in cui si prega” specifica il fotografo.

Il Guardian ha scritto: “Nicolò Degiorgis alza il velo sull’islamofobia italiana”. Secondo il quotidiano britannico “emerge un’Italia intollerante”. Quelle immagini dei musulmani costretti a pregare nei garage e nelle palestre, secondo il giornalista Sean O’Hagan “rivelano anche in che modo una comunità sotto assedio diventa resiliente contro l’oppressione strisciante”. La recensione ha scatenato 500 commenti online. Il fotografo li ha pubblicati in un nuovo libro. Non ci sono immagini, ma è una fotografia di come la gente oggi parla dell’Islam.

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