Si registrano le prime reazioni a caldo alla riforma del lavoro targata Renzi. Poche finora quelle favorevoli, molte critiche all’indirizzo del Governo, compresa quella durissima di Fassina. Resta fermamente contraria al provvedimento la Cgil che aveva manifestato la sua opposizione convocando uno sciopero generale a dicembre insieme alla Uil. “Il Jobs Act è il mantenimento delle differenze e non la lotta alla precarietà” è la prima reazione del leader Cgil Susanna Camusso. Sulla stessa linea il segretario Fiom Maurizio Landini: “Siamo in presenza di una riforma che non migliora le condizioni di chi ha bisogno di lavorare”, afferma a margine dell’assemblea regionale dei metalmeccanici che si sta tenendo a Padova. Anche la Cisl parla di “grave errore del governo” sul mantenimento delle norme sui licenziamenti collettivi, che ormai viene data per certa.

Sul fronte politico si registra la durissima presa di posizione di Stefano Fassina che boccia senza appello il Jobs Act: “Straordinaria operazione propagandistica del governo sul lavoro. I contratti precari rimangono sostanzialmente tutti”. Secondo Fassina “il diritto del lavoro torna agli anni ’50. Oggi è il giorno atteso da anni…dalla Troika”. Di tutt’altro tenore i commenti degli allienati Dem.  “Il mercato del lavoro ora è più aperto. Ci sono le condizioni giuste per ripartire” twitta il senatore Andrea Marcucci. “Più tutele per donne e giovani”, rilancia Linda Lanzillotta. Anche Scelta Civica fa scudo al provvedimento. “Apprezziamo il varo, da parte del Consiglio dei ministri dei decreti attuativi del Jobs Act, in modo particolare l’eliminazione dei contratti cosiddetti co.co.co e co.co.pro, a vantaggio del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti”. Così Antimo Cesaro, vice presidente del gruppo SC e membro della commissione Lavoro. “Questa azione- aggiunge- è un segnale forte per i giovani che hanno la necessità di ritrovare la fiducia nel domani, con un lavoro certo grazie a contratti che garantiscano continuità di occupazione”.

Nichi Vendola (Sel) smorza così l’entuasiasmo della maggioranza: “Aldilà delle battute di Renzi, la realtà è che il lavoro non è più un diritto, il licenziamentò sì. Contenti i “diversamente berlusconiani”. E poi l’affondo sulle forme contrattuali: “Rimangono 45 forme di precariato su 47”. Caustico anche  il commento del responsabile del Lavoro di Sel, Giorgio Airaudo: “Il governo promuove i licenziamenti, individuali e collettivi, e trasforma i contratti a monetizzazione crescente e diritti decrescenti”. Critica sul Jobs Act anche Forza Italia. Il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, che si conferma tra gli azzurri più critici verso l’esecutivo di Matteo Renzi, contesta “l’architettura complessiva degli interventi” e considera negativamente la scelta di abrogare alcune forme contrattuali, una decisione che contrasta, a suo giudizio, con l’impianto della legge Biagi. Per Fratelli D’italia parla Giorgia Meloni: “Renzi taglia fuori da ogni garanzia autonomi e partite Iva. Dal Governo una riforma incompiuta”. Anche i deputati M5S stroncano il provvedimento: “Di crescente è rimasta ormai solo la precarietà e il taglio, tanto strombazzato, delle forme contrattuali è una montagna che ha partorito il topolino”.

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