“Un sonoro vaff… al nuovo presidente”. In questo modo Francesco Lattuada, Consigliere comunale del PdL a Busto Arsizio (VA), accoglieva l’elezione a Capo dello Stato di Sergio Mattarella. Chissà cosa direbbe oggi il Presidente della Repubblica, dopo aver visto morire tra le sue braccia il fratello ucciso dalla mafia, sapere che lo stesso Lattuada è stato nominato componente dell’Organismo antimafia istituto dal Consiglio comunale della città varesina, la mia.

lattuada

È successo ieri, quando, con quasi un anno e mezzo di ritardo, sono stati nominati i componenti mancanti dell’Organismo antimafia del Comune di Busto Arsizio.

Ora, capiamoci bene, non è un problema di legittimità, ma di opportunità. È quasi sempre così, purtroppo, quando si parla di antimafia. Nessuno vuole intestarsi la bandierina del candore e decidere chi può o non può “fare” antimafia, ma si chiede almeno che chi ne vuole rappresentare i valori possegga il minimo requisito del rispetto delle istituzioni. Può un Consigliere comunale senza il minimo rispetto nei confronti della più alta carica dello Stato – per di più fratello di una vittima di mafia – e che in passato è anche stato soggetto a Daspo con obbligo di firma da parte del Questore di Varese, pensare di andare nelle scuole e parlare ai nostri ragazzi di educazione alla legalità?

Provate a digitare su google le parole “mafia Busto Arsizio”. Il primo link che vi compare è ad un articolo dal titolo “Mafia e ‘ndrangheta continuano a fare shopping”. Il secondo? “Mafiosi a tavola: ordinavano aragoste e pagavano una pastina”. Il primo video è invece riferito a “Le armi della mafia gelese ritrovate a Busto Arsizio”.

Detto ciò la domanda sorge spontanea: la maggioranza di centrodestra in Consiglio comunale vuole incominciare ad affrontare seriamente la questione e mettere in campo gli uomini migliori, o vuole continuare a girarsi dall’altra parte facendo finta di non vedere?

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