Doveva essere un’opera a costo zero e invece il Comune di Pisa dovrà pagare quasi 3 milioni per un parcheggio sotterraneo nel centro storico. Una storia lunga 10 anni che racconta del rifacimento di piazza Vittorio Emanuele – che si affaccia sul noto corso Italia – alle prese con vari stop: ritrovamenti archeologici, varianti in corso d’opera, infiltrazioni d’acqua che mettevano a rischio anche le strutture vicine (palazzo della Provincia, Camera di Commercio, Poste centrali). L’iter per la riqualificazione di piazza Vittorio Emanuele e la realizzazione di un parcheggio interrato inizia nel lontano 2002. L’anno dopo viene approvato il progetto esecutivo e vengono aggiudicati i lavori a un raggruppamento di imprese. Il percorso procede tra contestazioni e pareri contrari, anche alla luce delle particolari condizioni geologiche di Pisa: il suolo, costituito perlopiù da sabbia e argilla, è la principale causa dell’inclinazione della Torre. Dunque un parcheggio interrato su quattro livelli sembrò sin da subito un’operazione rischiosa.

La scelta dell’amministrazione dell’epoca (il sindaco era Paolo Fontanelli, attuale deputato Pd) si era indirizzata verso un contratto di concessione di lavori pubblici: l’impresa costruisce a sue spese l’opera e ne ammortizza i costi nel corso degli anni con i ricavi di gestione, in questo caso con gli introiti derivati dal parcheggio, che si trova in un punto nevralgico della città, tra la stazione ferroviaria e i Lungarni. Ma anno dopo anno si sono moltiplicati i blocchi dei lavori per vari motivi: “scoperte” archeologiche, varianti, “sorprese” geologiche, infiltrazioni d’acqua. Il parcheggio, in funzione solo dal maggio 2010, alla fine ha tre livelli interrati, anziché i quattro previsti nel progetto originario.

Così tra interventi aggiuntivi, anni di mancati incassi per i ritardi e minori entrate, i costi sono lievitati da 6,2 milioni previsti alla richiesta della ditta concessionaria di quasi 20 milioni di euro. Ciò avrebbe significato per il Comune di Pisa un esborso di 14 milioni di euro. Una commissione, nominata nel 2010 dalle parti avrebbe dovuto risolvere la questione entro 90 giorni, secondo i dettami della legge Merloni. Ma la terna di esperti, alla ricerca di un accordo bonario, ha depositato solo qualche mese fa dopo quasi 5 anni, la propria relazione, riducendo la somma a 2,9 milioni di euro e chiedendo come garanzia l’utilizzo di uno dei parcheggi più remunerativi per il Comune di Pisa, quello accanto  a piazza dei Miracoli. Le opposizioni sono pronte a dar battaglia sia in consiglio comunale che nelle varie commissioni. Ma intanto ulteriori impegni di spesa sono stati destinati ai vari consulenti chiamati ad esprimersi in questi anni sulla vicenda, con conseguente dispendio di risorse e allungamento dei tempi di decisione.

A scricchiolare sotto i colpi degli accordi bonari è anche il modello della finanza di progetto, l’apporto cioè di capitali privati per la costruzione di opere pubbliche. Le opposizioni in consiglio comunale, dal Nuovo Centrodestra a Rifondazione Comunista, temono che anche le altre grandi opere pisane, realizzate con lo strumento della finanza di progetto, diventino una trappola simile al parcheggio di Piazza Vittorio, creando un ulteriore dispendio di risorse per i contribuenti pisani. Dal canto suo l’amministrazione comunale (Pd), per bocca del suo assessore ai lavori pubblici Andrea Serfogli, ribadisce a ilfattoquotidiano.it la sua volontà di chiudere presto l’accordo con la società che gestisce il parcheggio, evitando i tempi biblici della giustizia civile: “Ci sono delle criticità nella proposta di accordo che tenteremo di risolvere, ma il nostro obiettivo è chiudere al più presto questa brutta vicenda per non lasciare alle future generazioni un’eredità ancor più pesante”.

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