L’Italia non può tirarsi indietro, deve fare la sua parte come nel 2011. A dirlo è il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, intervenuto nel dibattito al Senato dopo l’informativa del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Di interventi militari in Libia Napolitano certo si intende, dopo il precedente del 2011 per l’operazione che portò alla caduta di Gheddafi. Quella, ha precisato in Aula l’ex capo dello Stato, “fu un’azione decisa in comune, una comune assunzione di responsabilità” con il governo. “Vorrei però ricordare come ci fu un ampissimo consenso parlamentare con la risoluzione del 18 marzo dalle assemblee di Camera e Senato”. Oltre alla Francia, primo sponsor dell’inizio delle ostilità, la coalizione dei partecipanti alla missione “Odissea all’alba” era composta da Italia (allora c’era il governo Berlusconi), Norvegia, Oman, Danimarca e Spagna. Anche l’Italia bombardò. Un orientamento, quello dell’ex presidente della Repubblica, che appare diverso da quello del suo successore: “Garantire la Costituzione – aveva detto Sergio Mattarella, nel suo discorso d’insediamento – significa ripudiare la guerra“.

Napolitano quindi ha aggiunto che “non possiamo tirarci indietro, non possiamo evadere o scappare, è il nostro dovere. L’Italia faccia la sua parte, così come non ci tirammo indietro nel 2011”. Se errori ci sono stati in quel caso, sono stati dopo la caduta del regime di Gheddafi, ha detto il senatore a vita: “Anche la più ampia legittimazione internazionale non esclude che si possano commettere errori e l’errore più grande è stato il disimpegno dell’Ue nella fase successiva a Gheddafi”. E “oggi – ha aggiunto il presidente emerito – il quadro è ancora più complicato”.

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