E sono due!

Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, per la seconda volta in un anno e mezzo, fa presente che il Muos, il sistema di comunicazione satellitare della Marina militare Usa che si sta (stava?) realizzando nell’Isola, tra una revoca di autorizzazione e una revoca della revoca, non brilla di luce propria per legittimità amministrativa.

A tacer d’altre forme di legittimità.

La sentenza non è ancora disponibile, ma, a quanto si legge dalla totalità degli articoli di stampa, la ragione fondamentale di questa reiterata valutazione del Tar è tanto semplice quanto stringente: l’impianto può comportare rischi per salute pubblica. Se ne ricava che il principio normativo al quale i giudici hanno ancorato questo giudizio è, anche in tal caso, tanto elementare quanto cogente: quello di precauzione.

Su queste basi il Tar ha accolto il ricorso del Comune di Niscemi, principalmente interessato, e di alcune associazioni che avevano impugnato le autorizzazioni iniziali dell’opera. In questo modo il Tribunale siciliano conferma quanto aveva già sancito nel luglio 2013, allorquando aveva rigettato l’istanza del Ministero della difesa di sospensione cautelare del provvedimento di revoca della Regione Sicilia delle stesse autorizzazioni (revoca, come si ricordava, poi a sua volta revocata).

La motivazione addotta dal Tar in quell’occasione era stata inequivocabile ed esemplare: “La priorità e l’assoluta prevalenza in subiecta materia del principio di precauzione (art. 3 ter d. lgs 3 aprile 2006, n. 152) nonché dell’indispensabile presidio del diritto alla salute della comunità di Niscemi, non assoggettabile a misure anche strumentali che la compromettano seriamente fin quando non sia raggiunta la certezza assoluta della non nocività del sistema MUOS.

Esemplare anche e soprattutto perché un assunto del genere conferisce al provvedimento che lo contiene una enorme forza potenzialmente espansiva anche ad un serie di ulteriori contesti, fattuali e giudiziari, riconducibili al più generale ambito della tutela della salute pubblica da possibili fonti di rischio massivo.

Ma la sentenza in questione riveste una rilevanza particolare anche e soprattutto per “la presenza” che aleggia in questa vicenda, ossia, per tornare allo specifico processuale, la fonte del rischio per la salute pubblica: i campi elettromagnetici (Cem), quelli che avrebbe prodotto il Muos. Questo provvedimento s’inserisce in un filone giurisprudenziale, trasversale rispetto alle varie branche del diritto, che va, lentamente ma costantemente, arricchendosi, a dimostrazione della “vitalità” della materia: il rapporto tra onde elettromagnetiche e salute umana (per una sintetica ricostruzione dei più significativi tra i provvedimenti e\o le emergenze giudiziarie in questione, sia consentito il rinvio qui).

In tal senso, in una sentenza della Cassazione penale di appena un anno fa celebrato per i Cem prodotti dalle antenne di una serie di importanti radio private nazionali, si faceva espresso riferimento alla “attitudine offensiva delle onde elettromagnetiche”.

Un grande medico e uomo di scienza del secolo scorso, Giulio Antonio Maccacaro, padre nobile della categoria di “prevenzione primaria”, aveva coniato l’icastica locuzione: “trasferire l’onere della prova dalle persone alle cose”. Con ciò egli voleva affermare il principio che non dovessero essere le comunità che temevano ragionevolmente che dall’esposizione di se stesse e\o del loro territorio ad una data fonte di rischio potessero derivare danni per la loro salute o per l’ambiente in cui vivevano a dover provare scientificamente l’effettività e l’intensità del pericolo. Dovevano, invece, essere i produttori o i gestori della fonte a dover provare scientificamente l’innocuità della stessa e, pertanto, l’infondatezza dei timori delle collettività esposte.

E’ sostanzialmente il principio di precauzione adottato dal Tar Sicilia in questi due provvedimenti.

In questo paese, per la quasi totalità delle cosiddette “classi dirigenti”, politiche, mediatiche ma anche, spesso, scientifiche, esso è chiaro e imperativo come il registro demotico della Stele di Rosetta.

Figuriamoci quando c’è di mezzo un’installazione militare americana! Al massimo, può ricordarsene e farlo applicare qualche giudice illuminato.

Ma, in quel caso, diventa “invasione di campo” della magistratura.

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