A Sanremo arriva Will Smith, ospite nella serata finale del Festival, e il clima soporifero di questa settimana rivierasca cambia verso all’improvviso. All’Ariston c’era già stato ai tempi di Bonolis, spendendosi sul palco come solo un artista vero sa e vuole fare. E anche stavolta, se il buongiorno si vede dal mattino, c’è da attendersi grandi cose per la serata.

Arriva in Sala Stampa accompagnato da Margot Robbie, co-protagonista del suo ultimo film, Focus – Niente è come sembra, e che già avevamo apprezzato in The Wolf of Wall Street accanto a Leonardo Di Caprio. Una bellezza da togliere il fiato, un talento cinematografico in ascesa di cui sentiremo parlare a lungo. Li accoglie la classica selva di fotografi e giornalisti, affamati di glamour e respiro internazionale in un Sanremo decisamente low profile anche da questo punto di vista. E lui, l’ex principe di Bel Air, l’attore affermato, il cantante di grido, impartisce una lezione di generosità artistica alle folte schiere di divetti italioti decisamente meno propensi al rapporto con la stampa.

Immancabile la domanda sulla canzone italiana e anche la risposta è abbastanza scontata: “La mia infanzia è stata segnata da un brano che mia nonna stonava di continuo: Volare”. E si continua sul filone dell’eccellenza italica anche quando Margot Robbie ricorda l’influenza del nostro paese nel mondo della moda (per gli appassionati del genere: vestiva Armani in Sala Stampa, mentre per la serata ha scelto Valentino). Qualcuno chiede a Smith del sodalizio artistico con Muccino (sotto la cui regia ha girato La ricerca della felicità e Seven Pounds) e da Will arrivano dichiarazioni al miele per il regista italiano: “Quello con Gabriele è uno dei rapporti migliori che io abbia mai creato nella mia carriera. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa da poter fare insieme. E personalmente credo che La ricerca della felicità sia il mio film migliore”. Ma dal passato si arriva al presente, anche perché c’è un film da promuovere e in fondo Smith è a Sanremo proprio per questo: “Nick, il personaggio che interpreto in Focus, è un uomo completamente diverso da me. Per tutta la vita cerca di assicurarsi che nessuno possa capire cosa pensa o sente davvero. Alla fine, però, si scontra con il sentimento che ti rende più vulnerabile al mondo: l’amore”.

Le domande si susseguono in rapida successione (anche se Smith regala risposte lunghe e articolate, scusandosene ogni volta), fino a quando non si arriva ai punti di riferimento dell’uomo e dell’attore: “Una volta ho cenato seduto tra Mohammed Ali e Nelson Mandela in Mozambico, quando giravamo Ali. Quel film mi ha fatto capire una cosa: io non significo proprio nulla in questo mondo, anche se maturando sto cercando la mia giusta collocazione mettendomi al servizio degli altri”. Il tempo passa, e qualcuno chiede a Smith se può aspettare ancora un po’ prima di lasciare la Sala Stampa. Lui non fa una piega: “Nessun problema. Noi apparteniamo a voi”. Ovazione. Quasi una liberazione per i giornalisti che devono fare i conti quotidianamente con starlette e vippetti italici dall’ego inspiegabilmente smisurato. We have a dream: più Will Smith per tutti. Specialmente a Sanremo.

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