L’episodio può apparire marginale, ma dice molto sui nuvoloni che incombono sul ministero delle Infrastrutture, uno degli ultimi polmoni della spesa pubblica funzionanti nell’Italia di Matteo Renzi. Il procuratore della Repubblica di Roma Francesco Dall’Olio ha acquisito nei giorni scorsi – agli atti della delicata inchiesta su uno degli affari della cosiddetta “cricca” che faceva capo all’ex presidente del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici Angelo Balducci – una lettera dell’avvocato Fabio Lorenzoni al suo cliente Donato Carlea. Quest’ultimo, ex provveditore alle Opere pubbliche per Lazio e Abruzzo e poi per Campania e Molise, è da fine 2013 in guerra con il ministro Maurizio Lupi e il suo capo di gabinetto Giacomo Aiello, che lo hanno sospeso dal servizio due volte per due ragioni diverse. Lorenzoni, in modo inusitato, mette per iscritto che il giudice di Roma Giuseppina Leo, che l’anno scorso dette ragione a Carlea in uno dei numerosi ricorsi, gli avrebbe confidato, a margine di un’udienza, che quella decisione presa secondo coscienza e contro i voleri del ministero delle Infrastrutture, le avrebbe procurato un pesante intralcio di carriera.  
La lettera di Lorenzoni è un piccolo squarcio di luce sulla nebulosa di relazioni incrociate in quel mondo che sovrintende alla distribuzione degli appalti pubblici, dove alti burocrati, avvocati, consulenti, imprenditori e magistrati ordinari, amministrativi e contabili intrecciano amicizie, rivalità, complicità, favori, furbate e – ogni tanto qualche inquirente se ne accorge – vere e proprie associazioni a delinquere. Per questo il caso Carlea risulta istruttivo, soprattutto adesso che le vicende del ministero delle Infrastrutture sono finite, per incidente, al centro della vicenda politica.  
Lupi, potente ciellino milanese, è in un momento delicato della sua carriera politica. Ex fedelissimo di Roberto Formigoni poi giunto a una faticosa emancipazione, è stato tra i protagonisti della nascita del Nuovo Centro Destra, pilotando insieme al ministro dell’Interno Angelino Alfano la fuoruscita da Forza Italia della agguerrita pattuglia “poltronista”. Dopo la travagliata vicenda dell’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale, l’Ncd è diviso tra i “malpancisti” guidati da Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quaglieriello – che vorrebbero sganciarsi da Renzi e riaccostarsi all’osservanza berlusconiana – e i “poltronisti oltranzisti” guidati da chi la poltrona ce l’ha, Alfano per primo. Lupi è in mezzo. Politicamente è il più filo-berlusconiano, anche perché è con un centrodestra compatto che vorrebbe sfidare nel 2016 Giuliano Pisapia per la poltrona di sindaco di Milano. Ma nello stesso tempo vuole difendere la poltrona ministeriale, una posizione di potere altrettanto preziosa per i sogni di futura carriera politica.
L’altro problema di Lupi, che si sviluppa in modo autonomo rispetto alla vicenda dei rapporti politici di maggioranza, è l’ostilità di Renzi e dei suoi uomini. Quando si è installato nel palazzone romano di Porta Pia, con il governo Letta, al posto di Corrado Passera, il ministro ciellino ha sposato subito la linea della continuità con la tradizione berlusconian-lunardiana delle grandi opere anche inutili purché costose. Linea che lo staff di Renzi contesta da tempo. A Palazzo Chigi il consigliere economico Yoram Gutgeld e l’economista Roberto Perotti da mesi cercano il modo di spostare le risorse dai cantieri faraonici tipo Tav a quelli più utili e anche più efficienti come volano occupazionale, come la manutenzione delle scuole e altre piccole opere. Inoltre risulta ormai evidente dall’esperienza degli ultimi anni che le grandi opere sono anche l’humus in cui prospera la corruzione.
E non per caso uno degli elementi di malumore di palazzo Chigi – per adesso tenuti a freno dalla superiore ragion politica dei rapporti di maggioranza con l’Ncd – è che con Lupi il ministero appare sempre più in mano ai soliti noti di un tempo, ai quali il ministro sembra essersi consegnato. A cominciare proprio da Aiello, che proviene direttamente dalla squadra di Guido Bertolaso alla Protezione civile.  Ed è qui che il caso Carlea diventa illuminante. Nel 2010, quando stava per esplodere lo scandalo della “cricca” (lavori del G8 della Maddalena, ricostruzione de L’Aquila e via elencando) fu l’allora ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (oggi indagato per l’inchiesta Mose) a metterlo d’urgenza al posto del Provveditore alle Opere pubbliche di Roma, Giovanni Guglielmi. Facendosi forte della sua fama di integerrimo, e quindi scomodo, Carlea ha denunciato alla magistratura lo scandalo della sede della Guardia di Finanza di via del Boglione: un appalto da 18 milioni alla impresa di costruzioni Carchella per una ristrutturazione che non è mai stata fatta ma che ha consentito alla ditta – dopo una rocambolesca vicenda di ricorsi, lodi, arbitrati e transazioni – di incassare l’intera cifra. In seguito alla denuncia Lupi e Aiello hanno trovato il modo di addebitare proprio a Carlea una responsabilità nella vicenda, dandogli sei mesi di sospensione disciplinare. Allo scadere della prima sospensione ne hanno aggiunta una cautelare, di durata illimitata, per un rinvio a giudizio capitato al dirigente per un falso ideologico presuntamente commesso quando era Provveditore a Napoli: la vicenda riguarda la costruzione di una caserma della Forestale a Ischia da 100 metri quadrati. Un’accusa minore in un ministero dove i reati contestati vanno di norma dalla turbativa d’asta alla corruzione.   Il punto è che Carlea – mentre si appresta a difendersi di fronte al tribunale di Napoli – non se ne sta in silenzio, e ha cominciato a bombardare i suoi nemici di accuse. In una lettera al presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone ha scritto che, a fronte della sua sospensione, “all’interno del ministero che Lupi e Aiello stanno distruggendo ci sono decine di casi di gente, dirigenti generali e non, che hanno in corso procedimenti penali per reati gravissimi”. Illuminante il caso di Guglielmi, l’uomo che nel 2010 fu retrocesso d’urgenza dal provveditorato di Roma a quello di Napoli: oggi al ministero è al vertice di tutto il sistema come direttore generale dell’Edilizia statale.

da il Fatto Quotidiano dell’11 febbraio 2015

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