Musica

Sanremo 2015, Malika Ayane: “Sono qui per scelta ma non mi sento in gara. Siamo intrattenitori”

La cantante racconta la sua esperienza alla kermesse a FQ Magazine: "Lo scopo principale dovrebbe essere fare bene il nostro lavoro. Ci sono artisti che provano per anni ad avere questa possibilità e non ce la fanno mai. Abbiamo il dovere morale di salire sul palco, fare il nostro sacrosanto lavoro e presentare una canzone fatta con tutti i crismi. Altrimenti stiamo a casa"

di Domenico Naso

Quando vedi Malika Ayane, in tv o dal vivo non fa differenza, non puoi fare a meno di lasciarti avvolgere da una allure innegabile che rischia di mettere in seria crisi lo spirito critico. La fama di donna più elegante del Festival è più che meritata, dunque, e a lei non dispiace affatto. Al quarto Sanremo dopo quelli del 2009, 2010 e 2013, Malika non si preoccupa più di tanto della gara e ci tiene soprattutto a lasciare un’impronta musicale che resti nel tempo, al di là dell’effimero tipicamente sanremese. Quest’anno, però, vincere vorrebbe dire poter partecipare all’Eurovision Song Contest, che a prima vista, tra coreografie in stile Las Vegas e sonorità eurodance, potrebbe sembrare distante anni luce dal suo stile. Lei, però, avrebbe voglia di provare anche quell’esperienza. E per l’Italia, che non vince dai tempi di Toto Cutugno nel 1990, sarebbe una splendida notizia.

Sei al tuo quarto Festival? Scelta o necessità?
Ma che necessità! Tutto si fa per scelta. Le necessità sono mangiare, dormire e poche altre.

Quindi ti piace stare qui?
Nessuno mi ha mai forzato a fare nulla…

Come affronti la competizione?
Io non mi sento in gara. Il Festival di Sanremo si avvicina sempre di più ai festival di cinema in giro per il mondo. Arrivano centinaia di proposte diversissime tra loro, ne scelgono solo venti e vengono proposte sul palco.

Non sei mai stata dura con i talent show televisivi. Ormai a Sanremo sono molto presenti…
Così come sono presenti anche sugli scaffali dei negozi di dischi. Sarebbe irrazionale relegare in un recinto chi viene da quel tipo di esperienza.

Faresti mai il giudice a XFactor?
Ho così tanto da imparare che non credo sia il momento giusto per andare a dire a un altro cosa fare. Non so se sarei in grado di sostenere una pressione così. Mi piace l’idea di mettere la propria cultura musicale a disposizione di un progetto, magari per espandere la conoscenza che il pubblico ha di alcuni artisti considerati minori e che minori non sono affatto.

Andresti all’Eurovision Song Contest?
Sì, sarebbe un’esperienza interessante che potrebbe arricchire la visione, al momento non molto chiara, che ho del pop europeo. Credo sia l’unico contesto in cui è possibile vedere l’equivalente esponenziale di quello che succede a Sanremo.

Non ti sei un po’ rotta di essere definita elegante, brava, osannata dai critici e poi non vincere?
Ma no: faccio tour, vendo dischi, va benissimo così.

C’è un pezzo che preferisci tra quelli dei tuoi colleghi in gara quest’anno?
Li ho sentiti una volta come tutti, non è facile scegliere. Magari se mi rifai questa domanda tra un paio di mesi…

Usi spesso i social. Ti piacciono come strumento di comunicazione?
In questi giorni in realtà non li sto seguendo molto. Adoro le persone che fanno battute simpatiche, anche perché sono molto sarcastica e ironica di natura. L’altro giorno ho letto una battuta che mi ha fatto sganasciare: sul mio apparecchio per i denti ci passa il treno Italo. Non amo, però, quando il commento è mirato solo alla demolizione di qualunque cosa si presenti. Anche meno, a volte.

Che disco è Naif?
È un disco bellissimo, che segue una evoluzione naturale iniziata dal primo album, concentrato su un aspetto più uptempo rispetto a Ricreazione. È un disco che trae ispirazione da suoni lontani nel tempo e nello spazio: dalle musiche da ballo africane a quelle sudamericane, ripensate con melodie pop e con una rivisitazione all’europea, perché non amo particolarmente l’etnico. Stavolta si balla, o almeno si muove il piedino.

Quarto Festival: ormai sei una veterana. Qual è stato il più divertente per te?
È una sfida tra il primo e il secondo. Il primo è stato bellissimo, anche perché la formula di affiancare un giovane a un artista già affermato era vincente. Io, Arisa, Simona Molinari siamo usciti quell’anno… Ci ha permesso di essere molto più visibili rispetto ai giovani delle ultime edizioni. Nel 2010 mi sono divertita tantissimo perché non avevo consapevolezza dello stress. Ero molto più cazzara.

A proposito di cazzara, tu hai questa questa immagine consolidata di donna elegante e chic. Sorprendimi: dimmi una cosa becera che fai nella tua vita quotidiana.
(ride) In realtà sono molto più randagia di quanto mi si descriva, sono una sbracona. Ieri sera stavamo in dodici sbracati per terra e sul divano…

Che ne so, in casa stai con il pigiamone di pile?
No, piuttosto mi faccio mettere in galera. Tra eleganza e pile c’è una via di mezzo! Non riesco a stare nemmeno in palestra con la tuta.

Vuoi vincere questo Festival o non te ne importa nulla?
È ovvio che se vinco sono contenta. Ma io spero di lasciare una buona impressione. Per adesso va tutto molto bene. Siamo intrattenitori. Lo scopo principale a Sanremo dovrebbe essere fare bene il nostro lavoro. Ci sono cantanti che provano per anni ad avere questa possibilità e non ce la fanno mai. Abbiamo il dovere morale di salire sul palco, fare il nostro sacrosanto lavoro e presentare una canzone fatta con tutti i crismi. Altrimenti stiamo a casa.

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