Come ogni anno torna il Festival di Sanremo e, come ogni anno, capita che io mi trovi a leggere i testi delle canzoni, così da poter dire la mia per il Premio Lunezia.

Come ogni anno, Kekko dei Modà ha scritto almeno un paio di testi dei brani in gara e, come ogni anno, le sue metafore rendono attuale – a colpi dell’entropia più nera e profonda – la più universale, semplice e disarmante delle domande: perché? Su tutte: «Disegna una finestra tra le stelle da dividere col cielo» (che vuol dire?); «Baciarti e poi scoprire che l’ossigeno mi arriva dritto al cuore» (che schifo). Cuori e stelle messi a caso in libertà. Ma non è di lui che voglio parlarvi.

In questo post devo chiedere scusa a Platinette. Andiamo con ordine.

Alcuni anni fa partecipai a un convegno organizzato dal Club Tenco. L’argomento riguardava la differenza tra la canzone pop e la canzone d’autore, pochi mesi dopo la vittoria al Festivàl di Roberto Vecchioni, uno dei capostipiti della canzone d’autore italiana.

Convegno-talanca

La tesi che sostenevo (e sostengo) è in poche parole la seguente: il Festival di Sanremo, per essere preso sul serio, deve di tanto in tanto rigenerare la propria credibilità con la vittoria di artisti di spessore, per esempio Avion Travel (2000), Cristicchi (2007), Vecchioni (2011). Questo dissi durante il convegno: «Dopo Cristicchi hanno vinto di seguito Lola Ponce, Marco Carta, Valerio Scanu. Dopo Vecchioni potrebbe vincere il Gabibbo», dissi.

Un paio di mesi fa, poi, dopo aver conosciuto i nomi dei big in gara, su Facebook ho scritto questo: «Il cast di Sanremo 2015 è semplicemente strepitoso (e non scherzo). Seguitemi qui e sul Fatto durante il Festivàl. Ci sarà da divertirsi. […] In una conferenza del 2011 auspicavo il Gabibbo a Sanremo senza un minimo di ironia. È arrivata Platinette e non ci siamo molto lontani».

E arriviamo a oggi. Dopo aver letto i testi delle canzoni di Sanremo 2015, penso che quello di Io sono una finestra, brano che Mauro Coruzzi (Platinette) canterà con Grazia Di Michele (che ne è autrice assieme a Raffaele Petrangeli), sia bellissimo: «È un brano pensato con amore per Mauro: per lui nutro stima, affetto ed empatia», spiega lei. Poi continua: «L’ho scritto con la voglia e la presunzione di riuscire a entrare non solo nell’esperienza di Mauro, ma di chiunque si senta un pregiudizio addosso e se lo debba portare appresso».

Il brano è dunque un gesto autentico contro le ipocrisie e i pregiudizi, in cui i versi scivolano elegantissimi, in veste di doppio settenario, con rime mai banali e immagini tutt’altro che scontate, con buongusto e ricercatezza lessicale. Leggendo i versi mi è tornato alla mente ciò che ho sempre pensato del personaggio: oltre la maschera-Platinette si intuisce intelligenza e grande spessore umano.

I versi, insomma, mi hanno fatto capire che spesso è facile farsi prendere la mano. Io non ho mai pensato che la parola “normale” fosse sinonimo della parola “giusto”, e ora una bella canzone mi fa capire quanto io abbia sbagliato a fare facile ironia nel luogo che più di altri, oggi, rappresenta l’ostentazione frustrata del narcisismo reazionario e moralistico: Facebook.

Platinette non è il Gabibbo. Platinette sfrutta l’iconicità del trash per la rivendicazione decisa e vistosa di un modo di essere. La canzone Io sono una finestra ha un testo ben scritto e usa termini che vanno ben oltre i cuori e le stelle di Kekko. Rivendica la bellezza della ricercatezza lessicale; ci sono termini non banali (“iconoclasta”, “corriva”) perché quelli servivano lì in quel momento: la canzone è quella che è e che deve essere, non quella che la gente si aspetta che sia. Descrive benissimo quanta forza e quanta sofferenza implichino la scelta di essere se stessi.

Per tutte queste ragioni, io mi sento in dovere di chiedere scusa a Mauro Coruzzi per quella facile battuta su Facebook, e auguro a lui e alla bravissima Grazia Di Michele di raggiungere la parte più alta della classifica finale.

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