Le buste paga degli italiani? Sono le più complesse al mondo. Sulla dichiarazione dei redditi precompilata, chimera di ogni cittadino lavoratore, siamo ancora all’anno zero. Quella per successione e voltura catastale partirà, forse, ma non prima del 2017. Esiste ancora un Ministero della Semplificazione che fa capo a Marianna Madia, tra gli esponenti più in vista della squadra del governo Renzi. Due anni fa è stato pure riorganizzato, con apposito decreto, e oltre agli organi politici oggi conta tre dirigenti, sette unità di supporto tecnico amministrativo, sei componenti effettivi e quattro esperti. E tuttavia l’Italia siede ancora su una montagna di 10mila leggi e la burocrazia grava sulla vita di cittadini e imprese, con crescente peso e cronico ritardo rispetto all’Europa.

La situazione italiana registra un miglioramento marcato sul fronte dell’avvio di impresa, con 5 giorni anziché 9,2 della media Ocse. Ma da lì in poi, quando l’impresa prende vita, la strada per la sua sopravvivenza è lastricata di ostacoli. Lo certificano i dati della Banca Mondiale “Doing Business 2015” su 211 Paesi. Un permesso a costruire, per dire, in Italia arriva dopo 233 giorni anziché 149,5 e cioé 83 giorni dopo la media europea. Vuoi aprire un negozio e allacciarlo alla rete elettrica? Sembra un’incombenza banale ma nel Belpaese servono ancora 124 giorni anziché 76,8. Quattro mesi anziché due. Con una perdita per l’esercente che arriva a 47 giorni di buio. Emblematico il caso di due fratelli di Piavon di Oderzo, provincia di Treviso, che a novembre volevano aprire una lavanderia in centro: non sono bastati due mesi per ottenere lo sblocco del contratto per la fornitura di metano a causa dello “scaricabarile” da un ente all’altro. E le imposte? Per compilare la procedure necessarie – alla faccia del “Fisco amico” – servono 269 ore contro una media di 175. In altre parole, in Italia ogni anno servono 36 giorni lavorativi. La Germania richiede 218 ore (-51), la Francia 137 (-132) e il Regno Unito 110 (-159).

Su alcune partite, se pur lentamente, qualcosa si muove. Per altre siamo ancora all’anno zero. Ad esempio, la busta paga. L’Italia su questo fronte vanta un poco lusinghiero primato: le nostre sono le più complicate e non in Europa ma nel mondo intero. Proprio così. Lo certifica l’ultima classifica del “payroll complexy index” elaborata da Nga, la multinazionale inglese specializzata nella consulenza e nei servizi per le risorse umane attiva in 35 Paesi. A rilevare la criticità del dato è il Sole24Ore che segnala come l’Italia abbia scalato posizioni al contrario, finendo davanti alla Francia che prima aveva alle spalle, in materia di cedolini, obblighi retributivi e fiscali, rapporti con gli enti previdenziali. Non sempre le mosse del governo, aldilà delle buone intenzioni dichiarate, vanno nella strada auspicata di una semplificazione e di una riduzione degli oneri burocratici. E’ il caso del bonus di 80 euro che – spiega il direttore di Nga Stefano Pisano – comporta costi aggiuntivi per le imprese che si aggirano tra i 15 e i 25 euro a cedolino: “Nel caso di un’azienda con mille addetti il bonus ha comportato una spesa extra di circa 6.200 euro per l’aggiornamento delle procedure”. E il punto della situazione? “La realtà italiana è tra le più difficili non solo perché ci sono circa 350 contratti di lavoro e il meccanismo delle circolari interpretative – ricorda Pisano -. Abbiamo anche il record degli obblighi di dichiarazioni e di reportistica verso le diverse amministrazioni”.

La lotta alla burocrazia viene però indicata tra le priorità del Governo. Un assaggio è nel Ddl Madia che ha introdotto il divieto alle amministrazioni pubbliche di chiedere al cittadino informazioni che già detiene all’anagrafe. Del resto Matteo Renzi lo aveva pur detto, in un crescendo di impegni. Il 2 ottobre alla stampa annuncia: “Semplificheremo il sistema fiscale con misure che saranno operative entro marzo”. Banco di prova è il 730 precompilato che debutta in via sperimentale nei prossimi mesi ma tra difficoltà e incertezze. L’Agenzia delle Entrate ha predisposto la modulistica che sarà disponibile a partire dal 15 aprile e dovrebbe consentire la comunicazione automatici dei redditi di 20 milioni di italiani tra pensionati e dipendenti. Ma un primo slittamento, dal 31 gennaio al 30 settembre, si è reso necessario nel Milleproroghe per consentire la verifica dei requisiti dei centri autorizzati all’assistenza fiscale (Caf) ed è ancora da sciogliere il nodo delle duplicazioni dovuto al fatto che più intermediari possano essere delegati ad accedere al 730 di ciascun contribuente, col rischio di un proliferare di dichiarazioni in giro per l’Italia. Quindi siamo lontani dall’auspicata fase operativa.

Ma il capo del governo non demorde. Il 9 ottobre via Twitter, incassato il sì al Jobs Act: “Molto bene. Passo dopo passo, l’Italia riparte. Adesso decisi e determinati su semplificazione fisco”. Il nostro sistema di tassazione – ha poi scandito a Virus a metà ottobre – è tra i più alti e tra i più incasinati, “la vera sfida dei prossimi mesi sarà la semplificazione fiscale”. Dove mesi, però, può significare anche “anni”. A dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato infatti un’Agenda 2015-2017 con 5 macro aree e 38 interventi: cittadinanza digitale, welfare e salute, Fisco, edilizia e impresa. Dentro c’è di tutto e di più. L’intenzione di Renzi era di veder operativi i primi provvedimenti in primavera. Ma se si guarda il cronoprogramma l’entusiasmo si trasforma in speranza.

Dal dossier si apprende – ad esempio – che sul primo fronte, quello della cittadinanza, la marca da bollo digitale non arriverà prima del quarto trimestre 2017. Idem per l’accesso ai referti online della sanità pubblica che nel privato è realtà da anni. Sul fronte Fisco la tassa unica sulla casa, quella che dovrebbe assorbire tutti i tributi ed è stata la carta forte giocata da Renzi in diversi talk televisivi, dovrebbe trovare una definizione normativa entro la fine dell’anno mentre per la possibilità di inviare telematicamente la dichiarazione di successione e le domande di voltura catastale toccherà attendere altri 600 giorni. L’edilizia è il comparto che ha sofferto di più la crisi e nel dossier governativo – con un certo ottimismo – si punta a un pacchetto di sei misure entro l’anno prossimo. Tra le altre il regolamento unico edilizio (2015), modelli unici semplificati ed istruzioni standardizzate, semplificazione delle autorizzazioni paesaggistiche (2016). Sono 10 le azioni per alleggerire la vita alle imprese. Una – la verifica alla assoggettabilità della Via – dovrebbe vedere la luce quest’anno, quattro (tra cui la semplificazione dei controlli e della normativa in materia sanitaria) nel 2017. Insomma, la strada per la semplificazione è ancora lunga. E lastricata di buone intenzioni.

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