In una guerra, e in una guerra controversa come questa, si capisce presto che di sicuro ci sono solo i morti.

[…] L’altalena di adrenalina, le emozioni della morte e dell’ingiustizia tracimano. Ritardo costantemente le consegne, parlo troppo, dormo male. Scrivo lunghissime e-mail di lavoro che sconfinano in sfoghi inopportuni.

[…] Su Facebook, dove ho caricato alcuni servizi televisivi che ho trasmesso da Gaza, mi danno del ridicolo. A che serve l’elmetto – insinua qualcuno – ad aumentare gli ascolti? Metto elmetto e giubbotto, rispondo, perché ho paura e preferisco cautelarmi il più possibile. Alla frustrazione si aggiungono le difficoltà.

[…] La violenza e la gratuità delle affermazioni contro di me fa il pari con quelle di provenienza opposta ricevute al principio del mio sbarco sui social media. Qualcuno dice: se le critiche sono bipartisan, stai facendo bene il tuo mestiere. Io invece sono sconvolto: la faziosità in questo conflitto è davvero cieca e non conosce etica o limiti.

[…] L’informazione corretta è giusto una passione per chi la insegue e, il più delle volte, carta da macero e una sequenza di immagini colorate per chi ne fruisce. In mezzo agiscono troppe distorsioni e intromissioni di quanti, con astuzia o pregiudizio, intendono calibrare verità e bugia per altri fini. Ogni megafono qui ha il proprio pubblico, pro Israele o pro Palestina, che accetterà senza riserve quanto sentito. Un’identica notizia viene puntigliosamente incanalata su due binari paralleli, caricata del punto di vista degli uni o degli altri.

[…] Tento un dialogo con i followers, anche con quelli più facinorosi. Le mie precisazioni vengono triturate a getto continuo da questa macchina impazzita. Sono battute fuori campo a un pubblico che si aspetta altro e che, a differenza del baseball, non segnano punti. Il gioco è diverso e più duro qui.

[…] Senza clamori, se non nei nostri animi scavati, l’estate di Gaza ha trattenuto Simone e altri 15 giornalisti morti mentre facevano il proprio mestiere. Documentare i fatti, e la vita della gente, senza confondere l’imparzialità con la verità.”.

Trappola Gaza racconta l’operazione Margine di Protezione, condotta a luglio e agosto scorso dall’esercito israeliano nella Striscia in risposta al rapimento e all’omicidio di tre adolescenti israeliani in Cisgiordania. Il bilancio è di oltre 2100 vittime palestinesi; 66 soldati e 6 civili israeliani. Tra le vittime anche il reporter Simone Camilli e altri 15 giornalisti.  In un contesto così duro e polarizzato l’informazione si trasforma quasi immediatamente in un’arma impugnata da un fronte o dall’altro. A totale discapito della verità.

Forse è questo il punto più interessante dell’ebook multimediale di Gabriele Barbati. Testi, filmati e immagini raccontano di una guerra impari. Ma le sue emozioni, i suoi scambi sui social media, la sua conoscenza del lavoro dei colleghi che lavorano per testate di tutto il mondo aiutano a riflettere su come sia impossibile riportare fatti senza che questi vengano strumentalizzati dalla “propaganda”.

Così il suo profilo si trasforma da quello di un reporter antisemita a filoisraeliano e viceversa, a seconda delle notizie che copre. Paradossale, perché il suo approccio alla professione rimane sostanzialmente immutato. Comprensibile, perché tutti ormai sappiamo che la Storia che si racconterà è quella scritta dai vincitori.

Non sarà infatti l’elenco dei fatti a rimanere impresso nelle menti delle persone, ma il racconto che ne fanno radio, giornali e televisioni. Barbati, analizzando le pressioni a cui sono stati soggetti i giornalisti, ci regala uno strumento in più per decodificare quel complicato racconto che presto verrà cristallizzato nella Storia.

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