«Per la santa Candelora
se nevica o se plora
dell’inverno siamo fora;
ma se l’è sole o solicello
siamo sempre a mezzo inverno»

(Antico proverbio popolare)

Il giorno del 2 febbraio coincide con la presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme, che la chiesa cattolica celebra come festa della Candelora, così chiamata popolarmente perché vi si benedicono le candele, simbolo della “luce per illuminare le genti”, che l’anziano sacerdote Simeone identificò in Cristo.

Le antiche origini di questo momento di passaggio dall’inverno alla primavera, ne caratterizzano i cicli di preparazione e di cambiamento, che dal buio portano alla luce, dalla morte al risveglio, attraverso la fase della purificazione.

La “Festa delle luci” ebbe origine in Oriente con il nome di “Ipapánte”, cioè “Incontro”, per poi estendersi all’Occidente. La prima testimonianza, accertata storicamente in Gerusalemme, risale al IV secolo, quando la scrittrice Egeria, nel suo Itinerarium Egeriae, descrive un viaggio nei luoghi della cristianità.

Egeria descrive il “rito del Lucernare” e lo definisce come una evoluzione dei Lupercali, antica festa romana che si celebrava proprio verso metà febbraio, con fiaccolate rituali.

La celebrazione della luce appartiene anche ad alcune antiche tradizioni religiose precristiane, che si manifestavano – secondo alcuni studiosi – attraverso un rituale – in sostituzione di un analogo cerimoniale  preesistente – appartenente alla tradizione celtica e denominato Imbolc, la cui introduzione aveva la funzione di rappresentare l’ideale passaggio dall’inverno alla primavera, dal momento di massima oscurità e gelo a quello della rinascita, del calore e della luce.

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