Niente Sabrina Ferilli, ma c’è Lino Banfi. E spunta anche Roby Facchinetti. Tra i commenti, poi, spicca un modernissimo “Silvio, stai sereno“, a suggello della vittoria riportata da Matteo Renzi sull’alleato del Nazareno. Mentre in casa Forza Italia, nell’ora grave della sconfitta politica trascorsa tra un bilancio e un mea culpa, è il momento per ribadire le priorità e le peculiarità che contraddistinguono il partito nel grigio panorama delle forze parlamentari: le “belle deputate” azzurre che il Pd non ha. E’ il campionario di nomi, simboli e immagini mutuati e tagliati per l’immaginario nazional-popolare che emergono alla spicciolata dal quarto scrutinio, quello che ha sancito l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella. Un universo di significati che, nel solco della tradizione, saldano la solennità della cerimonia dell’elezione del capo dello Stato con il bagaglio culturale dell’italiano medio.

Gli amanti delle curiosità si torcevano le mani da un po’ dalla preoccupazione. Mentre Laura Boldrini dava fondo alla terza e ultima urna contenente i voti dei parlamentari, l’univo vip ad essere stato indicato su scheda da un parlamentare in vena di celie era stato il cantante dei Pooh. Poi, con il monte delle schede che si assottigliava tra le mani del presidente della Camera, l’illuminazione: “Lino Banfi”, scandiva solenne un’imperturbabile Boldrini. Il bottino è magro dal punto di vista quantitativo, ma importante in quanto a qualità: Nonno Libero (ma anche Oronzo Canà per i nostalgici de L’allenatore del pallone), protagonista delle stagioni televisive degli ultimi due decenni Rai, e Roby Facchinetti, frontman di una delle band che ha attraversato 50 anni di storia della musica italiana senza colpo ferire e soprattutto senza presentare il benché minimo segno di evoluzione.

Due momenti di leggerezza per sognare e sorridere, prima di ripiombare nel flusso dei voti ortodossi e nella cronaca parlamentare. Che tuttavia, nel suo piccolo, qualche spunto da addetti ai lavori lo fornisce. Il voto espresso per Denis Verdini, deus ex machina forzista auto accusatosi degli errori commessi dagli azzurri nel gestire la partita del Colle, viene accolto dall’aula della Camera con un brusio diffuso da un lato dell’emiciclo all’altro e con qualche sorrisetto malizioso. Mentre c’era anche un parlamentare che sperava che Giorgio Napolitano potesse ripensarci e che ha scritto sulla scheda il nome del presidente emerito, dimissionario al suo secondo mandato giusto due settimane fa. Un classico, invece, il voto (sottolineato da un compiaciuto applauso piovuto giù dai banchi del centrodestra) per Antonio Razzi. Che in mattinata aveva analizzato la figura del futuro capo dello Stato: “Va bene Mattarella, anche se non sorride“.

Dai protagonisti del B-movie anni ’70 e ’80 e dall’epico cantore di “Uomini soli”, fino alle espressioni entrate nel patrimonio collettivo solo nell’ultimo anno. “Dopo lo ‘stai sereno, Letta‘, penso che ci sia uno ‘stai sereno, Alfano‘, ‘Stai sereno, Berlusconi‘… Seguire la sinistra pedissequamente non dà forza al centrodestra”, gigioneggia il parlamentare FdI Ignazio La Russa uscendo da Montecitorio. Espressione magistrale coniata e consegnata alla Storia poco prima dell’operazione che ha portato alla defenestrazione di Enrico Letta lo scorso febbraio dal premier Matteo Renzi, che ha atteso l’esito dello spoglio facendo la spola tra le sale del governo antistanti l’aula di Montecitorio e la buvette, in compagnia del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e del sottosegretario Graziano Delrio.

Quello del premier è stato il “Caffè della vittoria“: sorriso a 32 denti, strette di mano e gruppo che più eterogeneo non si può. Basta dire che i ‘commensali’ sono stati il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, l’ex sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto  e… Giovanni Toti, il quale non ha mancato l’occasione di sottolineare in cosa Forza Italia ancora primeggia: “Deputate così belle – ha detto il consigliere di B. Introducendo nel gruppo una imbarazzata Anna Grazia Calabria – voi non ne avete”. Inossidabile il premier, che non ha mancato di alzare gli occhi al cielo e sussurrare un “abbiamo altro…”, tipo Mattarella al Quirinale. Ma la linea ufficiale é “stiamo a vedere”.

In Aula, intanto, la soddisfazione e gli applausi montano man mano che lo spoglio procede, ma non manca chi fa polemica. Dentro e fuori dal palazzo. A scrutinio quasi concluso, Mauro Pili puntava il dito contro la presidenza della Camera: “Vergogna Boldrini, che legge punti e virgole sulle schede votate per poter essere controllate dal Pd. Quello che sta avvenendo nello spoglio dei voti per il Capo dello Stato è semplicemente indecente – attaccava il deputato del Gruppo Misto – il controllo organizzato dal Pd, con l’attribuzione a ogni componente interna di un voto contrassegnato è scandaloso e sta minando alla radice l’elezione del capo dello Stato”. In strada, invece, c’è chi se la prende con la classe politica tutta intonando i canti della Resistenza: quando ormai Sergio Mattarella era stato proclamato presidente, un gruppo di alcune decine di persone ha rumorosamente insultato i politici in uscita da Montecitorio. In mezzo a improperi indirizzati anche ai giornalisti, il gruppo di supporter di Ferdinando Imposimato ha intonato Bella ciao.

E mentre tra Montecitorio e il palazzo del Quirinale si moltiplicavano in un loop infinito le dichiarazioni entusiastiche del mondo politico sul nuovo presidente della Repubblica (il primo capo di Stato a felicitarsi con Sergio Mattarella è stato Papa Francesco, seguito a ruota da Vladimir Putin), a centinaia di km più a sud il signor Carmelo Chillemi, portiere del condominio di via Libertà a Palermo dove abita Sergio Mattarella, esprimeva il più alto auspicio per l’intero popolo italiano: “Dall’elezione di Sergio Mattarella trarrà vantaggio tutta Italia, ne sono certo. Tutta la nazione potrà conoscere le doti del professore. E’ la scelta ideale – prosegue – se me lo avessero detto un mese fa mi sarei messo a ridere. Sono felice per l’Italia. Si è trovato al posto giusto, al momento giusto. Tutti sapranno chi è Mattarella”.

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