“Nella mia scuola i cani antidroga non entrano”. A vietare l’ingresso delle unità cinofile delle forze dell’ordine è Ludovico Arte, il dirigente dell’istituto tecnico per il turismo “Marco Polo” di Firenze. Il preside ha deciso di mettere la parola fine alle perquisizioni fatte con i cani alla ricerca di stupefacenti. Una dura presa di posizione che ha innescato un braccio di ferro con il Questore Raffaele Micillo, pronto a continuare i controlli nelle scuole fiorentine nonostante il diniego del numero uno del “Marco Polo”.

Arte non crede alla repressione ma ad un lavoro quotidiano per combattere la droga: “Io faccio educazione, loro perseguono reati. Da tempo in questo dialogo non facile con le forze dell’ordine dico che dobbiamo trovare una mediazione. Quando la polizia o i carabinieri intervengono in una scuola devono fare i conti con una logica diversa dalla loro. Devono entrare in comunicazione con un preside. Non possono pensare di essere allo stadio”. Il dirigente dell’istituto tecnico fiorentino è rispettoso delle forze dell’ordine ma non ha intenzione di fare un solo passo indietro: “Se mi dicono, come è già accaduto, che loro possono d’autorità entrare contro la mia volontà, devono sapere che un minuto dopo che hanno messo piede a scuola io chiamo i giornali e pubblicamente prendo distanze da questo tipo di intervento. Non voglio contrappormi alle forze dell’ordine: siamo tutti contro la droga. Il punto è come si fa la lotta agli stupefacenti dentro una scuola: portare i cani poliziotto in aula è folle”.

A sentire il preside del “Marco Polo” sembra che questo tipo d’indagini non sia per nulla utile: “Di fatto questi interventi non ottengono risultati; l’ultima volta hanno trovato un grammo, ripeto un grammo di marijuana. Non riescono ad individuare chi l’ha portata, fanno solo terrorismo e il giorno dopo è tutto uguale. Si semina solo un po’ di paura. Io non darò mai l’autorizzazione a puntare un cane contro un ragazzo nella mia scuola”. Arte non tollera le maniere forti. Sa che nelle scuole esiste il problema, ammette che il fenomeno sta crescendo ma la parola repressione non fa parte del suo dizionario. E sottolinea che un ragazzo che spaccia va solo aiutato. Nella sua scuola la lotta alla droga la fa mettendo a disposizione dei suoi studenti cinque psicologi.

Il preside, in pratica, vuole solo più collaborazione: “Per la cronaca le forze dell’ordine a volte le ho fatte entrare. Di fronte al caso di una ragazza sospettata di spaccio hanno potuto perquisirla nel mio ufficio, in maniera rispettosa. Altre volte sono stati fatti pattugliamenti nel cortile della scuola senza che noi ne sapessimo nulla. E’ accaduto che hanno messo a terra un ragazzo sospettato di aver spacciato: io non le voglio vedere queste scene perché per me quello studente non è un criminale e non va umiliato. Vi sono mille altri modi per agire. Mi farebbe piacere se si uscisse dalla semplificazione dei buoni contro i cattivi, di chi contrasta la droga e di chi al contrario difende i ragazzi: stiamo discutendo di modi diversi di intendere la lotta agli stupefacenti a scuola”. Il dirigente del “Marco Polo” non si illude, sa che la maggior parte dei suoi colleghi non si oppone agli interventi delle forze dell’ordine ma è pronto ad aprire un dibattito: “Voglio vedermi con il Questore. Mi piacerebbe che tra noi presidi invece di fare incontri inutili sulla burocrazia aprissimo un tavolo di confronto su questo argomento”.

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