Quasi 900 milioni di dollari a favore dei candidati repubblicani. E’ quanto i fratelli Charles e David Koch prevedono di spendere per le presidenziali e legislative Usa del 2016. Si tratta del maggiore sforzo mai messo in piedi da un gruppo di privati per decidere l’esito di un’elezione. Alle presidenziali del 2012, il Republican National Committee e i due sotto-comitati repubblicani di Camera e Senato avevano speso un totale di 657 milioni di dollari. L’investimento dei fratelli Koch per il 2016 è dunque maggiore e fa della galassia che gravita attorno ai due industriali il terzo “partito” della politica Usa.

L’annuncio degli 889 milioni è arrivato nel corso dell’incontro che ogni anno i fratelli tengono nel loro ritiro di Palm Springs, California. Oltre a decine di finanziatori privati, industriali, miliardari, leader di fondazioni e think-tank privati, a Palm Springs sono arrivati almeno quattro dei possibili candidati repubblicani alla presidenza 2016: Scott Walker, l’attuale governatore del Wisonsin; e tre senatori, Rand Paul, Ted Cruz e Marco Rubio. Tutti i candidati si sono  prodotti in lodi sperticate dei fratelli: Ted Cruz ha detto che i Koch sono benemeriti creatori di lavoro, accusati ingiustamente dai democratici per le loro idee; secondo Marco Rubio, i democratici ce l’hanno con i Koch perché vorrebbero che solo Hollywood e la stampa liberal fossero liberi di parlare agli elettori.

“Non sorprende che i candidati siano accorsi alla chiamata dei fratelli Koch – ha commentato David Axelrod, l’ex-stratega delle campagne elettorali di Barack Obama – in molti modi, i fratelli hanno soppiantato il partito”. In effetti, lo sforzo economico che i Koch stanno per mettere in piedi, per portare un repubblicano alla Casa Bianca e conquistare più seggi possibili alla Camera, al Senato e in molte legislature statali, eccede le più rosee speranze (dei conservatori). Alle presidenziali del 2012, i fratelli riuscirono a immettere nel processo elettorale 400 milioni di dollari. La cifra, già allora, suscitò stupore. Pochi però immaginavano che, nel giro di quattro anni, quella somma sarebbe più che raddoppiata.

La fascinazione della famiglia Koch per la politica data molto in là nella storia. Nel 1958 Fred Kock, fondatore della dinastia di petrolieri, divenne un membro della John Birch Society, l’organizzazione anti-comunista che si batteva contro “l’influenza” dell’Unione Sovietica nella vita degli americani. Più di 50 anni dopo, le Koch Industries sono diventate un gigante che spazia dalla chimica all’energia alla finanza alla grande distribuzione (si tratta della seconda impresa in mano a privati negli Stati Uniti) e i figli di Fred, Charles e David, hanno tenuto viva la fede conservatrice, creando una galassia di gruppi, organizzazioni, finanziatori, che non ha eguali al mondo.

La capacità di influenza politica dei fratelli e dei loro alleati ruota tradizionalmente attorno ad alcuni gruppi: gli “Americans for Prosperity”, un’organizzazione che si batte per il trionfo del libero mercato e concentra i propri interessi su sanità ed energia; i “Freedom Partners”, anch’essi impegnati a favore dei temi del liberismo; i “Concerned Veterans for America”, che organizza i veterani conservatori. Tutti questi gruppi sono organizzazioni no-profit, che quindi non hanno l’obbligo di rendere pubblica la provenienza dei loro finanziamenti. A questi, va aggiunto il KochPac, il comitato di azione politica dei fratelli che può liberamente investire nelle campagne dei candidati repubblicani.

Da queste entità è caduta negli ultimi anni una pioggia di milioni, che ha beneficiato i politici repubblicani e i vari Tea Parties in giro per il Paese, attaccando la riforma sanitaria di Obama, le regolamentazioni ambientali, i lacci imposti al mondo finanziario; ma raggiungendo anche centinaia di fondazioni, università, centri di ricerca, istituzioni culturali: dalla Brookings Institution alla Harvard University, dalla Heritage Foundation all’American Ballet al Metropolitan Museum, allo Smithsonian, alla Prostate Cancer Foundation, all’MTI a PBS. Se la grande massa di finanziamenti sono finiti a gruppi e politici conservatori, i Koch – che vivono a New York e si considerano illuminati filantropi – hanno anche beneficiato alcune cause tipicamente progressiste: in particolare, l’avanzamento dei diritti gay e la legalizzazione per milioni di immigrati. Polemiche e proteste sono arrivate per la scelta di molte università di accettare i soldi dei Koch e finanziare progetti e dipartimenti economici per la promozione del libero mercato.

Negli ultimi tempi, per confutare le accuse di scarsa trasparenza, i Koch hanno cominciato a venire di più allo scoperto; hanno concesso interviste per illustrare le loro idee politiche e sociali; hanno messo in piedi una campagna pubblicitaria, in cui i dipendenti delle loro società esclamano: “Noi siamo Koch”. La scelta di influenzare il corso della politica americana però continua, più massiccia che mai, e preoccupa i democratici, ormai lanciati nell’organizzazione della campagna di Hillary Clinton. Per fronteggiare il fiume di denaro conservatore, la Clinton avrà bisogno di mettere insieme molti soldi, più di quelli raccolti da Barack Obama, il più geniale fund-raiser della storia americana. Già in questi mesi si è mosso un SuperPac democratico, “Priorities USA Action”, che mira a raccogliere almeno 300 milioni di dollari per la probabile candidata democratica.

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