“Onore a chi lotta. Più bastoni meno tastiere!”. Fa molto discutere il post, apparso sul loro profilo Facebook, dei 99 Posse nel quale il gruppo napoletano parla degli scontri tra antagonisti e forze dell’ordine avvenuti sabato scorso a Cremona, in occasione del corteo organizzato dal centro sociale Dordoni contro i neofascisti di CasaPound e per chiedere la chiusura della sede cittadina. “Onore a chi lotta. Più bastoni meno tastiere!” è il testo, corredato da una foto di militanti incappucciati che impugnano bastoni. Una frase che non è piaciuta al primo cittadino, Gianluca Galimberti, che ha dichiarato che negherà l’autorizzazione al concerto della band napoletana in programma giovedì prossimo al centro sociale Dordoni. Ma non trattandosi di un concerto a fini di lucro non serve un’autorizzazione di tipo amministrativo. E’ una questione di ordine pubblico e quindi dovrà esprimersi il comitato per la sicurezza.

In città, proprio in queste ore, dopo gli scontri è iniziata una raccolta firme per chiedere non solo la chiusura del Dordoni ma anche l’annullamento del concerto. Una esibizione in omaggio ad Emilio Visigalli, l’attivista del centro sociale ferito durante gli scontri di una settimana fa con alcuni militanti di CasaPound, e ricoverato ancora in gravi condizioni presso il nosocomio cittadino.

Cremona nel frattempo prova a voltare pagina. Si è lasciata ormai alle spalle gli scontri di sabato, con il ‘lascito’, tuttavia, di oltre 500mila euro di danni: vetrine sfasciate, vetrate di banche abbattute e cartelli divelti. Una stima per difetto, che può solo lievitare, anche perchè vanno aggiunti i danni agli edifici privati e alle strutture pubbliche. Ora, non solo la politica prova ad interrogarsi e reagisce (il centrosinistra che fa quadrato attorno al sindaco Gianluca Galimberti, il centrodestra che ne chiede le dimissioni per aver “gestito male” l’ordine pubblico): c’è anche la società civile che vuole dire la sua e che – stando al tam tam su Facebook – starebbe preparando una contro-manifestazione, di cittadini e commercianti, proprio nella giornata di giovedì, in risposta agli incidenti e per chiedere la chiusura del Dordoni.

Della chiusura di tutti i centri sociali in città (Dordoni, Kavarna e la sede di CasaPound) il primo cittadino non ha ancora parlato in maniera esplicita, ma lo ha lasciato intendere e la strada sembra ormai segnata. Stando a quanto da lui esplicitato, all’indomani dei tafferugli: “Dialogo impossibile con chi ha violato il patto con la città. Rivedremo tutte le convenzioni, peraltro già scadute”.

Fa notizia anche la presa di distanza dal Dordoni di Rifondazione Comunista, che riprende le parole del primo cittadino, e da sempre è vicina al centro sociale. “Il Dordoni ha fatto delle scelte precise – si legge in un comunicato – In totale autonomia, senza tener conto di altri percorsi. La gestione delle nuove leve del centro sociale si manifesta con una decisione di evidente rottura col passato. Quando queste radici vengono recise, quando vien meno il rapporto e lo scambio fecondo col tuo circostante, vien meno la ragion d’essere anche dell’esperienza più radicata”.

Una spaccatura sempre più evidente si fa quindi largo all’interno dello storico spazio autogestito della città, tra l’ala più intransigente – le nuove leve – e la vecchia guardia, più propensa al dialogo con le istituzioni. Una posizione, quest’ultima, incarnata dalla vedova di Mario Bini, lo storico leader degli antagonisti venuto a mancare qualche mese fa. Sul fronte delle indagine, ancora nessun indagato per gli incidenti delle ultime ore. Il fascicolo, aperto per “danneggiamenti”, è in mano al pm Fabio Saponara. Mentre per gli scontri della settimana scorsa tra antagonisti e militanti di CasaPound, gli indagati sono otto: 4 attivisti del Dordoni e quattro estremisti di destra. I reati contestati sono rissa aggravata e lesioni gravissime. In mattinata, inoltre, è stata rinvenuta una bomba carta inesplosa.

Twitter: bacchettasimone

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