“Adesso ci aspetta un duro lavoro”,  ha detto Alexis Tsipras durante il discorso di ringraziamento, nella notte in cui la Grecia ha scelto di fare trionfare alle urne il suo partito, Syriza. Perché la partita sul nuovo (e fino a qualche settimana fa, forse insperato) futuro di Atene inizia proprio oggi con l’Eurogruppo. Syriza ha già calendarizzato i primi passi della sua azione di governo, con nei primi sei mesi tre misure significative legate al welfare e alla sfera dei diritti.

Al primo posto la sanità gratis per i meno abbienti. Un cavallo di battaglia di Tsipras che rispecchia la contingenza drammatica vissuta dagli indigenti nel Paese, con il tasso di mortalità infantile raddoppiato (danni limitati anche grazie al lavoro svolto in loco dalla Caritas italiana), con un più 30% di suicidi da crisi, le pmi strozzate da tasse e arretrati. Al secondo posto il salario minimo, altra manovra made in troika: attualmente è fermo a 340 euro e Tsipras intende portarlo a 750. Così come ha annunciato di voler reintrodurre la tredicesima per stipendi e pensioni fino a 700 euro, che con il memorandum avevano subito ben tre tagli verticali in due anni e mezzo.

Guardando a Bruxelles e Berlino, la parte da leone della discussione con la troika verterà sul debito. Tsipras chiede un taglio del 60%, e come ha più volte osservato uno dei suoi economisti di punta, Ioannis Varoufakis, punta a trasformare l’intero debito che ammonta a circa 280 miliardi in un megabond a scadenza illimitata da restituire quando le condizioni interne lo consentiranno (in presenza di una crescita di almeno il 3%).

Un passaggio ambizioso, ma molto complesso e articolato. Non a caso Martin Schultz è stato il primo ad annunciare un’imminente visita ad Atene già il prossimo venerdì. Le ansie continentali rispecchiano le parole pronunciate dal ministro tedesco Wolfgang Schaeuble, che ha ribadito a più riprese come non sia possibile uscire al programma del memorandum. E’ li che si consumerà lo scontro con Berlino e con i creditori internazionali a cui il 41enne ingegnere neo premier (il più giovane della storia ellenica dell’ultimo secolo e mezzo) oppone lo strumento di una conferenza mondiale sul debito oltre alla richiesta di due settimane di tempo per valutare modalità e impatto dell’ultima tranche di prestiti del 2014: sette miliardi, che sarebbero dovuti giungere ad Atene lo scorso 31 dicembre a che, complici le urne, sono stati congelati.

Sul fronte interno una riforma interessante riguarderà le frequenze televisive. In Grecia i canali privati non hanno mai corrisposto un euro (né una dracma) allo Stato, così ci sarebbero mancati incassi per almeno 3 miliardi di euro. In più i proprietari delle reti sono gli stessi che detengono i maggiori quotidiani, sono destinatari di pubblici appalti, (ma solo da quest’anno perché prima non esistevano gare) e gestiscono squadre di calcio. Una sorta di maxi conflitto di interessi che Tsipras ha promesso di sanare. Le prime schermaglie intanto non hanno tardato a farsi notare: nella notte della vittoria, commentando i risultati, il deputato del Syriza Panaghiotis Lafazanis (possibile ministro del lavoro) ha chiesto la testa del governatore della Banca Centrale di Grecia. Si tratta dell’ex ministro delle Finanze “della troika” Ioannis Stournaras che tra l’altro fece parte della speciale commissione guidata dall’ex premier socialista Kostas Simitis che curò il passaggio della Grecia dalla dracma all’euro.

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