Scioccanti, non si possono definire altrimenti le notizie degli ultimi giorni che giungono dai luoghi più caldi del pianeta. In Nigeria, un salto di qualità del terrorismo di cui avremmo volentieri fatto a meno, con tre bambine fatte esplodere, mentre in un video ad un ragazzino ceceno – non ancora adolescente – viene fatta eseguire la condanna a morte dei prigionieri.
In diversi modi, sia le bambine che il bambino sono vittime di una violenza perpetuata da persone più grandi di loro, a loro volta probabilmente vittime di una cultura violenta a cui sono stati socializzati fin dalla nascita. “In  modo diverso” però! Se infatti il bimbo ceceno avrà l’infanzia e la vita segnata da una inumana brutalità, gli hanno insegnato che uccidere un uomo, per di più inerme davanti a lui, è cosa gradita a Dio, poco più di un gioco in cui si elimina la vita; alle tre bimbe nigeriane la vita è stata negata su semplice indicazione. La donna, specie se in età prepuberale, è solo un oggetto, uno strumento su cui trasportare l’ordigno, un’arma, non in quanto soldatessa, ma in quanto inconsapevole bomba umana.
La donna ha forma parassitaria rispetto all’uomo, al massimo completamento di un essere che ha si per sé comunque completa autonomia, una proprietà. Questa frase, che troveremmo ordinaria in un discorso da capo-jihãd, è in realtà recuperata da interventi di uomini politici importanti della storia italiana dell’800 come Rosmini o Gioberti. Con i dovuti distinguo, ovviamente, perché la nostra società non ha mai raggiunto livelli di violenza pari a quella inflitta dai soldati di Boko Haram oggi nei confronti della donna, ma abbiamo condiviso con loro la subcultura maschilista fino a non molti anni fa e in parte, magari inconsapevoli, la condividiamo ancora.
Abbiamo bisogno di un cambio di passo in Occidente per poterci presentare, agli occhi dell’Islam integralista e dei tanti paesi al mondo in cui la donna è ancora anche formalmente sottomessa, con una cultura che ha superato la gerarchizzazione tra sessi e si pone come giusto bilanciamento tra le cosiddette “due metà del cielo”. Anche e soprattutto su questo piano culturale si basano le future scelte che il nostro paese dovrà fare sia all’interno, con la prossima elezioni di una Presidente per esempio dopo 70 anni di esclusività maschile, che all’esterno, contribuendo a garantire che la vita umana è inviolabile e non “oggettizzabile”, qualunque sia il genere. Una sfida ulteriore e un impegno che non darei affatto per scontati, visti i silenzi e le sordità colpevoli sul tema.
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