Prendete una miniflotta di droni di ultima generazione, un ingegnere con il pallino per il volo e una squadra di soci di ogni età e competenze. Mettete poi un’idea che sembra disegnata a pennello per un’Italia devastata dal dissesto idrogeologico: sfruttare i robot volanti per analizzare il territorio e arrivare lì dove l’uomo non riesce, con lo scopo prevenire frane, alluvioni ed esondazioni. O ancora: dare una mano all’agricoltura, aiutare a mettere in sicurezza una zona o contribuire a operazioni di soccorso. Così, una start up emiliana ha voluto puntare sull’utilizzo civile dei droni, riuscendo a scoprire applicazioni virtuose e inedite, e a raccogliere finanziamenti per 400 mila euro, ossia 100 volte l’investimento di partenza. Un miraggio in tempi di crisi. L’azienda si chiama Aerodron, è nata due anni fa e cresciuta nelle stanze di un casolare immerso nel verde, alle porte di Parma. E’ una delle poche aziende specializzate in questo campo e la sua storia apre una finestra su un universo che in Italia appare ancora tutto da esplorare.

Ufficialmente si occupa di realizzazione di “servizi con sistemi di pilotaggio remoto”. Detto in altre parole, con i suoi droni il team di Aerodron è in grado di realizzare riprese professionali a bassa quota e ad altissima precisione e insieme raccogliere dati da utilizzare poi come supporto alle attività di analisi e salvaguardia dell’ambiente. Per la misurazione della qualità dell’aria, ad esempio. Ma anche per tenere sotto controllo gli argini dei fiumi, controllare l’umidità di un terreno, lo stato di salute delle piante o fare rilievi in zone non accessibili. Insomma, alta tecnologia a servizio della natura. E delle amministrazioni, che con i droni riescono ad abbattere i costi di complicate operazioni per la tutela del territorio.

Oltre ad aver attirato finanziamenti a cinque zeri, Aerodron ha al suo attivo già parecchi clienti e diverse collaborazioni con Comuni e Regioni. E da poco ha inaugurato anche una scuola di alta formazione per la preparazione dei piloti. “Lavoriamo nella tutela del territorio, ma non è comunque l’obiettivo principale, che invece è lo sviluppo del mercato dei droni”, spiega Giorgio Ugozzoli, 67 anni, ingegnere con un passato da campione di basket e progettista di videogiochi, ha un presente da “scopritore di nuove tecnologie” e in tasca un brevetto per volare con piccoli motori. E’ lui l’ideatore e uno dei fondatori della start up e oggi lavora con un team composto da altre 4 persone, compresi un geologo e un business manager. “Il drone è un condensato di tecnologia. Tutto quello che noi troviamo nelle innovazioni più interessanti e affascinanti il drone ce l’ha. Basti pensare agli smartphone, alle app, o al gps. Per cui il drone è stato per me un approdo naturale, quasi scontato: qualsiasi cosa facessi nel settore della tecnologia era ricondotto sistematicamente a un drone”.

Nata nel 2013, Aerodron lavora con 5 velivoli, sui quali possono essere sistemate comuni fotocamere o apparecchiature più sofisticate. Si tratta sia dispositivi ad ala fissa, simili ad aerei in miniatura, sia di oggetti multirotori, assimilabili a dei piccoli elicotteri. Veri e propri gioiellini, capolavori di hi-tech che possono arrivare a costare anche 20mila euro ciascuno. Vengono lanciati in aria e poi controllati a terra, attraverso software specifici.

A febbraio, ad esempio, Aerodron ha collaborato con la Regione per il monitoraggio delle aree a rischio idrogeologico, mediante un sistema di “rilievo fotogrammetrico”. In estate, invece, i droni hanno setacciato 400 metri di spiaggia, nella zona di Cervia, per trovare un frammento di residuo bellico. Nella Val di Taro, zona che vive in continua allerta per la situazione di dissesto, un robot del cielo ha aiutato a tener sotto controllo la frana. Un lavoro che, senza drone, avrebbe richiesto almeno due settimane di tempo. “Il drone invece ha permesso di raccogliere i dati in una giornata, senza esporre persone in un lavoro pericoloso, viste le condizioni del terreno”. Il tutto a un terzo del costo di un elicottero o di una squadra. “Il problema è che un mercato vero e proprio dei droni ancora non esiste. C’è offerta ma manca la domanda. Anche perché c’è una naturale e fisiologica diffidenza verso la novità. Quindi nonostante il risparmio di tempo e di denaro, non sempre si riesce ad avere la commessa”.

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