Fca e Volkswagen sembrano avere di fronte un anno breve. Prendo in prestito la definizione di secolo breve creata per il ‘900 da Eric Hobsbawm. Breve, perché non coincidente con il calendario. Breve perché, sia per il gruppo guidato da Sergio Marchionne che per quello tedesco di Martin Winterkorn, si possono ipotizzare almeno due eventi (come nel ‘900 di Hobsbawm) che potrebbero cambiare il corso di tutte le rispettive cose future.

Per Fca, la quotazione in borsa di una parte della Ferrari entro il primo semestre servirà a portare non solo soldi in cassa ma ad accrescere globalmente la credibilità del gruppo e del suo uomo solo al volante. Una carta utile con cui Marchionne potrebbe forzare per un accordo con un terzo partner.
Un sogno inseguito dal 2009 (allora era la Opel), ma che adesso si fa cruciale per un ambizioso (troppo, dicono molti analisti, e concordo) piano industriale. Oggi quel che serve a Fca è un socio asiatico, lì dove i mercati crescono senza ancora subire andamenti ciclici.

La margherita di Marchionne è composta da tre marchi giapponesi (lo yen debole ha rimesso a posto i conti un o’ di tutti i gruppi industriali del paese in recessione) e da un’incognita cinese, che farebbe da perfetta cornice agli accordi e alle relazioni strette dal governo Renzi con Pechino. Mi risulta che delegazioni di industrie cinesi abbiano girato l’Italia, recentemente.

I giap? Suzuki sta volando, 863.000 veicoli venduti nel primo semestre del 2014 (+23,1% sul 2013 secondo i dati di Focus2move.com), cui vanno aggiunti i volumi della controllata Maruti (625.000 unità, +27%). La Suzuki, legata al gruppo Volkswagen da cui vorrebbe slegarsi in un contenzioso fermo davanti a un tribunale di Londra, varrebbe per Fca soprattutto economie di scala e presenza in loco sui mercati. Non tecnologia ibrida ed elettrica, che i giapponesi non hanno sviluppato.

Poi ci sono la Mazda, 1,28 milioni di veicoli venduti nel 2013, +3,2% nel primo semestre del 2014, già partner per lo sviluppo della spider a marchio italianoe la Mitsubishi , 1,1 milioni di veicoli venduti nel 2013, +7,2% nel primo semestre 2014, forte presenza in Asia e parte di una conglomerata con diverse attività che è tra le più grandi se non la più grande del Giappone. Ma la più debole delle tre Case. Con Suzuki, Fca scavalcherebbe la Ford al sesto posto fra i costruttori mondiali, con Mitsubishi o Mazda se la batterebbe.

L’anno breve del gruppo Volkswagen si potrebbe svolgere invece fra due eventi tutti interni. La macchina tedesca continua a fare miliardi di utili ma si è inceppata in qualche meccanismo: la cosa più terribile per degli ingegneri al volante. E dall’interno raccontano poi di non avere ancora trovato una ideale riduzione dei costi e degli sprechi come in Toyota.  La messa a punto è la vera data d’inizio del 2015 per Volkswagen.

L’altro evento è la successione a Wintekorn, che fino a ieri sembrava pianificata in perfetto stile teutonico. I probemi emersi nel gruppo (tra i quali sottolineo la redditività del marchio Volkswagen e la performance del gruppo in Nordamerica) sembrano  aver scatenato una guerra (forse finora sopita, come accade finché le cose vanno bene) cui Winterkorn dovrà dare uno stop o una regola al più presto. E sempre che il padre padrone  Ferdinand Piech sia d’accordo.

twitter @carblogger_it

→  Sostieni l’informazione libera: Abbonati rinnova il tuo abbonamento al Fatto Quotidiano

Articolo Precedente

Tesla, auto elettriche cariche in 90 secondi

next
Articolo Successivo

Se Toyota fa la carità: il ‘kaizen’ in cucina

next