“Le gravi vicende di corruzione emerse di recente richiedono una seria e consapevole conversione, un rinnovato impegno per costruire una città più giusta e solidale”. E’ questo il pensiero lanciato da Papa Francesco, dalla Basilica Vaticana, al termine del Te Deum, in riferimento allo scandalo di Mafia Capitale. La corruzione e gli intrighi emersi dalle indagini dei Ros dei Carabinieri di Roma hanno portato il Pontefice a invocare la necessità della conversione per i protagonisti della vicenda, alcuni dei quali sono detenuti in carcere in regime di 41 bis (quello usato per i mafiosi).

Il Pontefice ha citato anche Roberto Benigni, che è andato in onda su Rai1 con una doppia serata in cui ha raccontato, alla sua maniera, i Dieci Comandamenti agli italiani. Uno spettacolo che è piaciuto al capo della Chiesa che, il giorno dopo, ha chiamato personalmente il comico toscano e si è complimentato per la capacità dimostrata nel rendere popolare un tema tanto “alto”. “Diceva qualche giorno fa un grande artista italiano – ha detto Bergoglio durante la sua omelia – che per il Signore fu più facile togliere gli israeliti dall’Egitto che togliere l’Egitto dal cuore degli israeliti”. La frase era stata pronunciata da Benigni per descrivere quanto sia difficile, per gli uomini, sentirsi liberi ed essere capaci di godere della propria libertà. “Abbiamo paura della libertà – ha continuato il Pontefice – e, paradossalmente, preferiamo più o meno inconsapevolmente la schiavitù. La libertà ci spaventa perché ci pone davanti al tempo e di fronte alla nostra responsabilità di viverlo bene. La schiavitù riduce il tempo a ‘momento’ e così ci sentiamo più sicuri, cioè ci fa vivere momenti slegati dal loro passato e dal nostro futuro”.

Non è la prima volta che la Chiesa entra nel merito dei fatti di Mafia Capitale. L’11 dicembre, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso e presidente della Commissione Cei per gli affari sociali e il lavoro, aveva risposto con fermezza alle parole pronunciate nei giorni precedenti dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. “La critica della politica e dei partiti, preziosa e feconda nel suo rigore, purché non priva di obiettività, senso della misura e capacità di distinguere è degenerata in anti-politica, cioè in patologia eversiva“, aveva dichiarato l’inquilino del Quirinale. Pronta la risposta dei Vescovi che, dalla bocca di Bregantini, avevano ribattuto che “un politico corrotto è più eversivo” di chi fa anti-politica onestamente.

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