L’area archeologica di Pompei è rimasta interdetta alle visite nel giorno di Natale e così sarà anche il 1 gennaio 2015. Lo hanno deciso le organizzazioni sindacali. Eppure solo poche settimane prima sembrava che la questione delle chiusure fuori programma fosse risolta. Positivamente.
“Dopo varie riunioni sindacali l’amministrazione è riuscita a fare una sintesi tra le proposte sindacali e quelle stesse dell’amministrazione, che si è tradotta nell’odierno accordo che ha visto ridefinire i compiti dell’ufficio di coordinamento di tutta la Soprintendenza e in particolare creare una sinergica collaborazione tra la Sala regia e l’organizzazione delle squadre notturne all’interno dell’ufficio scavi di Pompei”. In una nota dello scorso novembre l’amministrazione della Soprintendenza speciale per i Beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, così spiegava l’accordo storico raggiunto con le organizzazioni sindacali sulla riorganizzazione dei servizi di vigilanza.

L’accordo sembrò passare un colpo di spugna sullo scandalo delle chiusure per assemblee sindacali proprio nell’orario di apertura. Peraltro senza adeguato preavviso. Con migliaia di turisti rimasti in fila fuori dall’ingresso. “Un danno incalcolabile per l’immagine dell’Italia”, come denunciava il Ministro Franceschini in un tweet.

Invece ogni cosa a Pompei sembra andare come nel passato. Non solo recente. Il sito visitato ogni anno da carovane di turisti, nonostante tante parti noPompei, continua ad affascinare la città antica distrutta dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.n accessibili, uno stato di conservazione di ampie porzioni dell’area più che precarie e servizi quasi assenti, continua a mostrarsi zavorrato da criticità sclerotizzate. Forse senza soluzione mantenendosi gli attuali disequilibri gestionali e organizzativi. In questa occasione, per Natale e Capodanno, i sindacati, hanno tenuto a precisare che i custodi “dentro” agli scavi ci saranno, “per garantire la sicurezza”. Ma non apriranno le porte del sito archeologico. Pur essendo consapevoli che la mancata apertura “penalizzerà lavoratori e turisti con ricaduta negativa per la valorizzazione del sito archeologico e per l’economia locale”.

Le ragioni? Incerte, ma comunque oscillanti tra la consueta mancanza di fondi e l’assenza di un progetto da parte del Ministero. Può sembrare banale, ma non lo è. La questione dei diritti e dei doveri a Pompei, forse più che altrove, continua a rimanere sfumata. A giocarsi tra prove di forza e incapacità. Tra sigle sindacali che rivendicano diritti dogmatici e Soprintendenza archeologica e quindi Mibact, confusi tra il tentativo di realizzare nuove tranche del Grande Progetto e questioni ordinarie. Una commedia italiana alla quale il pubblico, anzi i turisti, partecipano quando e come possono. Tra una chiusura e l’altra, cercando di vedere quel che si può, facendo lo slalom tra i tanti disservizi.

Ancora troppe le incognite su Pompei. A metà tra una Regione e un Paese distratti da molto altro ed un’Europa, invece a ragione, osservatrice attenta di fondi stanziati. Soffocato tra diritti rivendicati e progetti promessi e stancamente portati avanti.

Ogni sera, al termine dell’ultima celebrazione eucaristica, il Quadro della Madonna nel Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei viene chiuso con un pannello di protezione. Quella che per molto tempo era solo una misura di sicurezza, è diventato un appuntamento al quale tutti i fedeli partecipano, con gioia. Cosi si susseguono un canto mariano, la recita comunitaria della Preghiera della Chiesa di Pompei e, quindi, la preghiera conclusiva. Viene il sospetto che si voglia seguire la stessa procedura per l’area archeologica. Insomma che la chiusura possa diventare un appuntamento. Sul fatto che i turisti possano partecipare con gioia rimane qualche dubbio. Almeno fino a quando le migliaia di italiani e stranieri non inizino ad intonare la recita comunitaria.

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