Alzi la mano chi non ha a casa un lavoretto di Natale di suo figlio, di suo nipote o di suo fratello. Eccolo! Arrivati alle vacanze dicembrine, spunta puntuale. Saggio finale e lavoretto. Tutti nella vita, a scuola, abbiamo fatto una pigna colorata, il centrotavola con la candela rossa, l’alberello di carta, la pallina dipinta, la ghirlanda con la pasta, le decorazioni con le cannucce. Le abbiamo fatte noi, le facevano i nostri genitori, le fanno i nostri figli, li faranno i nostri nipoti.

Per ore ed ore nelle scuole italiane tra novembre e dicembre si producono lavoretti per tutti i gusti. Una gara al lavoretto più bello, una competizione che non risparmia alcun bambino da decenni. Prima di Natale, a ottobre, molti insegnanti di educazione artistica non hanno mancato l’appuntamento con Halloween facendo realizzare zucche, fantasmi e lanterne. Dal 6 gennaio, scatta l’ora del carnevale e poi il lavoretto per la festa della mamma e quella del papà. Chi non è felice di vedere la propria Letizia o il proprio “cocco di papà”, tornare a casa con una splendida cravatta di carta, un portachiavi o un portafoto in creta colorato e decorato con tanti cuoricini. Non manca quello per la Santa Pasqua: coniglietti, pulcini, uova dipinte, uova fatte con la stoffa, con i brillantini colorati. Ho visto colleghe arrivare in classe “armate” di riviste che educano le maestre al lavoretto. Il tutto nelle ore di “Arte e immagine” dove i bambini dovrebbero essere educati alla scoperta del patrimonio artistico del nostro Paese, alla capacità di riconoscere i pittori e gli scultori, alla sensibilità per la bellezza, al riconoscimento delle differenze culturali attraverso l’arte. Le ore di “Arte e immagine” non sono le ore del lavoretto.

Nelle indicazioni nazionali per la scuola primaria non vi è menzionata una sola volta la parola “lavoretto”. Tra l’altro notare il trionfo del diminutivo che cela nella parola stessa una sorta di riconoscimento dell’inferiorità di quel lavoro. Nel documento citato si dice che “La disciplina arte e immagine ha la finalità di sviluppare e potenziare nell’alunno le capacità di esprimersi e comunicare in modo creativo e personale, di osservare per leggere e comprendere le immagini e le diverse creazioni artistiche, di acquisire una personale sensibilità estetica e un atteggiamento di consapevole attenzione verso il patrimonio artistico. Il percorso formativo, attento all’importanza della soggettività degli allievi, dovrà riconoscere, valorizzare e ordinare conoscenze ed esperienze acquisite dall’alunno nel campo espressivo e multimediale anche fuori dalla scuola, come elementi utili al processo di formazione della capacità di riflessione critica. La disciplina contribuisce così in modo rilevante a far sì che la scuola si apra al mondo, portandola a confrontarsi criticamente con “la cultura giovanile” e con le nuove modalità di apprendimento proposte dalle tecnologie della comunicazione”. Tutto ciò non si può certo fare con i lavoretti! E’ pur vero che tra gli obiettivi vi è quello di “elaborare creativamente produzioni personali” ma credo sia arrivata l’ora di archiviare questo retaggio della scuola anni settanta, per lasciare spazio ad una creatività che nasce dall’osservazione della realtà, dal viaggio nell’arte del nostro Paese. Si può creare ma usando la fotografia, osservando ciò che ci circonda, lavorando a contatto con la natura, persino usando gli strumenti digitali.

Viviamo in Italia, la patria di Leonardo Da Vinci e Buonarroti, di Giotto e Caravaggio ma non insegniamo ai nostri ragazzi ad apprezzare e ad amare “L’ultima cena” o “Il Giudizio Universale”. Bene ha fatto il Sole24Ore a pubblicare la collana “I maestri dell’arte”: dodici storie dei grandi protagonisti, pensate per i più piccoli.

Nel 2014 dobbiamo fare meno lavoretti e vedere più lavori dei nostri artisti, uscire dalle aule per andare a stupirci di fronte alle opere d’arte che sono il patrimonio del nostro Paese. Non possiamo più tollerare che a 10 anni un bambino non sappia dov’è il Cenacolo o chi ha realizzato il “David”. Chi insegna non può non fare i conti con i numeri forniti dall’ “Atlante dell’infanzia”: il 73% dei nostri ragazzi nell’ultimo anno non ha visitato un sito archeologico e il 60% non ha visitato una mostra. Bastano questi dati per capire che non è più tempo di lavoretti.

Ps: una promessa. Nell’anno nuovo mi impegno a lanciare una campagna contro i lavoretti e l’uso del piffero a scuola!

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