Alla fine a spuntarla è stato il terzo incomodo, il più giovane, l’unico a non aver mai diretto un ufficio giudiziario. Ciò nonostante Francesco Lo Voi è riuscito a battere Sergio Lari e Guido Lo Forte, strappando sul filo del rasoio la nomina a procuratore capo di Palermo. Il magistrato in servizio ad Eurojust ha raccolto 13 voti al plenum del Csm: quelli della sua corrente, Magistratura Indipendente, quelli dei consiglieri della Cassazione, più quelli dei consiglieri laici di entrambi gli schieramenti. All’inizio sembrava che a spuntarla dovesse essere Lari, indicato da alcuni rumors romani come candidato preferito del Quirinale: i consiglieri laici del centrosinistra però alla fine hanno deciso di non votare per il procuratore capo di Caltanissetta, candidato di Area, la corrente di sinistra delle toghe, piegandosi invece alle richieste di Magistratura Indipendente, corrente che da mesi rivendicava un incarico di prestigio per un suo esponente.

Alla fine quindi sarà Lo Voi che andrà a sedersi sulla poltrona lasciata libera quattro mesi fa da Francesco Messineo, ora in pensione. Silenzioso e affidabile, avveduto e felpato, moderato ed equilibrista, ma soprattutto capace di raccogliere un gradimento bipartisan: da Giorgio Napolitano a Matteo Renzi, fino a Silvio Berlusconi, l’elezione di Lo Voi piace davvero a tutti. Ed è per questo che alla fine il nuovo capo della procura di Palermo sembra partorito dal “patto del Nazareno”: d’altra parte a nominarlo membro italiano di Eurojust fu proprio il governo Berlusconi, su indicazione diretta dell’allora guardasigilli Angelino Alfano. Al Csm, dopo aver incassato il voto della laica di Forza Italia Maria Elisabetta Alberti Casellati in commissione incarichi direttivi (oltre a quello del consigliere di Magistratura Indipendente Claudio Galoppi), Lo Voi ha guadagnato anche le preferenze dei consiglieri laici del Pd.

L’obiettivo di entrambi gli schieramenti sarebbe quello di piazzare nel capoluogo siciliano un procuratore in grado di ”raffreddare” il presunto protagonismo di un ufficio inquirente impegnato nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. L’indagine sul patto segreto tra pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra ha trascinato due anni fa i pm palermitani in un ferocissimo scontro istituzionale, con il Presidente della Repubblica che sollevò un conflitto d’attribuzione contro la procura, trascinata davanti la Consulta per le quattro telefonate intercettate tra l’ex presidente del Senato Nicola Mancino e Giorgio Napolitano. È il “capitolo Trattativa” il primo nodo spinoso che Lo Voi si troverà a gestire da procuratore di Palermo. “Vorrei che tra i criteri di scelta del nuovo capo ci fosse quello di nominare un procuratore disponibile disposto a confermare la sua condivisione del processo per la trattativa e dei pm che lo gestiscono” aveva detto l’aggiunto Vittorio Teresi alla vigilia della votazione.

Come la pensi Lo Voi sull’inchiesta più delicata degli ultimi anni non è dato sapere: sul tavolo del Csm c’era però il suo curriculum. Nonostante non avesse mai diretto un ufficio giudiziario, Lo Voi può comunque vantare una lunga carriera da pm a Palermo già ai tempi di Giovanni Falcone, del quale si è sempre professato amico. Poi negli anni Novanta, continua a fare il sostituto nella procura di Gian Carlo Caselli, dove si occupa di mafia militare, contribuendo all’arresto e alla condanna all’ergastolo di centinaia di boss, da Totò Riina a Leoluca Bagarella. Quindi passa alla procura generale, e in molti ricordano come da sostituto pg rifiutò di rappresentare la pubblica accusa nel processo d’appello a Giulio Andreotti. Indelebile, nella memoria di alcuni colleghi palermitani, anche il suo rifiuto, nei giorni immediatamente successivi alla strage di via d’Amelio, a schierarsi con gli 8 pm che si erano dimessi in polemica con il procuratore Pietro Giammanco, principale oppositore di Paolo Borsellino.

Ingroia: “Perché ha vinto? Perché al Csm contano di più le regole della politica rispetto a quelle del diritto”

Dopo l’esperienza da sostituto pg, l’approdo al Csm come membro togato: nel 2006 a Palazzo dei Marescialli appoggiò Piero Grasso nella contestatissima corsa alla procura nazionale antimafia contro Caselli, quindi votò per il “grassiano” Giuseppe Pignatone come nuovo procuratore capo di Palermo. Incarico che otto anni dopo è riuscito a ottenere per se stesso. In realtà la poltrona di procuratore capo di Palermo si sarebbe potuta riempire già quest’estate, quando Guido Lo Forte aveva raccolto tre voti in commissione incarichi direttivi, contro l’unica preferenza assegnata agli altri due candidati. Dal Quirinale, però, era arrivata una lettera, che ordinava a Palazzo dei Marescialli di procedere con maggiore urgenza alla nomina degli incarichi vacanti da più tempo. La lettera era firmata dal segretario generale del Colle Donato Marra, che aveva appena testimoniato a Palermo davanti alla corte d’assise che celebra il processo sulla Trattativa. Il risultato è stato l’azzeramento del vantaggio di Lo Forte, il rinvio della nomina ad nuovo plenum e l’elezione del magistrato di Eurojust. “Lo Voi? Aveva meno titoli e meno anzianità degli altri: e infatti ha vinto” commenta sarcastico l’ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. “Perché ha vinto? – continua l’ex pm – Perché al Csm contano di più le regole della politica rispetto a quelle del diritto”.

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