Due mondi apparentemente agli antipodi, due realtà che difficilmente si sarebbero potute incontrare se non per combattere, in prima linea, per un traguardo comune: il riconoscimento dei propri diritti. Basato su eventi realmente accaduti, che a raccontarli si rischierebbe di non essere creduti, Pride è ambientato in piena era Thatcher, durante lo sciopero dei minatori inglesi del 1984, un evento che di lì a pochi mesi sarebbe passato alla storia.

Una perla di grande umanità, che non ha trovato spazio sui libri scolastici e che vide gli attivisti del movimento gay, spinti dalla solidarietà verso chi, come loro, lottava contro il sistema, intenti a raccogliere fondi per gli scioperanti del Galles. Per i minatori sì, quegli stessi uomini (e donne, alcune in particolare non furono per niente tenere) che accolsero inizialmente con grande diffidenza l’iniziativa, considerando il sostegno di lesbiche e gay inopportuno quanto sconveniente, per il grande “imbarazzo” che creava agli occhi del Paese.

Combattere per rivendicare il diritto di lavorare sotto terra in condizioni più umane, con uno sciopero dettato non soltanto da una questione economica, piuttosto, da una rivendicazione che andava ben più in profondità, alla ricerca del bene comune contro l’interesse personale, di un senso di società civile contro l’individualismo dilagante, istillato da chi dell’individualismo aveva fatto la propria fortuna al governo. Tutto questo non era poi così distante da quei “pervertiti” che rischiavano quotidianamente la propria vita pur di raccogliere fondi a favore di una causa che non era neanche la loro. Senza contare poi, che gli anni ’80 del secolo scorso le comunità gay dovettero iniziare a fare i conti con un altro grande spettro, quello dell’Aids, che iniziava ad emergere e che oltre a portarsi via migliaia di vite, veniva usato dalla stampa come capro espiatorio di un linciaggio mediatico indiscriminato.

Pochi anni dopo lo sciopero, la Thatcher avrebbe affermato che il concetto di società era inconsistente, che esistevano esclusivamente individui e famiglie. Bhè, questo i protagonisti di Pride non avrebbero mai potuto accettarlo e credendo fermamente nel contrario, andarono oltre ogni pregiudizio, regalando ai posteri un episodio di grande solidarietà, in nome dell’orgoglio di classe e di genere, che già di per sé è un diritto universale. L’incontro fra queste due realtà trasformò un evento isolato in una legge nazionale, anzi, nel riconoscimento all’unanimità di diritti fino ad allora costantemente ignorati.

E così, se la serata Pits and Perverts, organizzata dal movimento omosessuale in favore della raccolta fondi per lo sciopero, fu uno dei primi grandi eventi condivisi da gay ed etero, la partecipazione in massa dei minatori al Gay Pride londinese del 1985 rimane una pietra miliare nella storia della società moderna, che cambiò le carte in tavola nella politica degli anni successivi. Al giorno d’oggi una storia come questa ci colpisce per quanto appare distante, anche se in realtà di strada ne rimane ancora molta da percorrere e i problemi hanno cambiato volto ma sono ancora lontani dall’essere estirpati del tutto.

Sarebbe bello se una pellicola come questa, accolta trionfalmente al Festival di Cannes e forte di un enorme successo di pubblico in patria, venisse proiettata nelle nostre scuole, ma è difficile che il film di Warchus trovi spazio tra i banchi di scuola. Perciò, prima che Pride scompaia dalle sale, dove grazie al successo del passaparola sta rimanendo anche più del previsto, portate i vostri figli a vederlo, per capire quanto sia bello vivere il più lontano possibile dai pregiudizi.

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