Oggi vi racconto la storia di Andrea, altrimenti noto come Nak, un rapper italiano conosciuto ed apprezzato nella scena musicale underground, quella più autentica, delle jam session e delle rime fino all’alba fuori dai locali. Fare rap in questi ambienti non porta le stesse entrate economiche degli artisti mainstream e quindi – come molti di noi – Andrea ha un lavoro “normale”, che nel suo caso potrebbe essere anche definito un bel lavoro: Andrea è un giornalista freelance che scrive di politica ed attualità.

Freelance ovviamente si traduce in precariato e pochi soldi, ma sono i problemi di tutta una generazione, e fino a qui non ci sarebbe niente da raccontare. La storia, invece, comincia quando Andrea compie un errore. In un articolo sul finanziamento pubblico ai partiti, scrive che Nitto Palma – magistrato, onorevole di Forza Italia, ex Ministro della Giustizia e Sottosegretario agli Interni – è coinvolto in un processo. E sbaglia: Palma è estraneo alla vicenda. Certo, ce lo ricorderemo sempre come colui che nel 2002 provò a reintrodurre l’immunità parlamentare (salvo poi ritirare l’emendamento sotto il fuoco di una polemica dai “toni insultanti”), ma questa è un’altra storia. Andrea ha fatto un errore nel suo articolo, su questo non c’è dubbio.

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Palma non chiede la rettifica né le scuse. Palma querela Andrea per diffamazione. Va in onda una scena che forse racconta quello che succede in questo momento in questo Paese: da un lato – dalla parte della ragione – un sessantenne facoltoso e autorevole, figura di punta della magistratura e della politica; dall’altro – dalla parte del torto – un trentenne precario e squattrinato. Nella vita reale Davide non vince quasi mai contro Golia, e – per non finire in tribunale – Andrea deve pagare 8.000 euro, che ovviamente non ha. Corregge l’articolo, chiede scusa, prova a spiegare che l’errore probabilmente è dovuto dalla fretta che un certo tipo di giornalismo odierno impone. Niente fa cambiare idea a Palma.

Gli amici ed i colleghi del giovane giornalista aprono una pagina di crowdfunding per supportare Andrea, ma è evidente come il tema sia molto più ampio: “sensibilizzare sul tema della libertà di stampa e della possibilità di commettere un errore senza dolo e senza per questo essere condannato a una spesa che supera le tue capacità economiche. Perché se il sistema funziona così, allora va a finire che un giornalista, domani, potrebbe pensare di non rischiare parlando di argomenti anche vagamente spinosi”. L’editore si è fatto carico del 40% della cifra, il resto si sta raccogliendo euro su euro.

Dalle pagine de il Fatto, mi sento di lanciare una proposta. L’onorevole Palma si accontenti di essere nel giusto, del fatto che tutte le parti in causa gli riconoscano pubblicamente di aver subito un torto, della rettifica e delle scuse, e rinunci agli 8.000€. La cifra finora raccolta tramite l’editore venga destinata ad una borsa di studio per gli studenti di giornalismo, dedicata al tema della libertà di stampa in rete.

Ad Andrea invece non chiedo niente, perché le scuse le ha già fatte, e perché penso che la vicenda gli abbia insegnato molto, ed amaramente. Sono sicuro che continuerà a fare musica e giornalismo con passione ed ottimi risultati: forse l’unico lieto fine che possiamo aspettarci da questa storia.

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