“I problemi sul versante della salute in Basilicata riguardano vecchie cose legate all’amianto e a vecchie produzioni. La radioattività certificata in Basilicata è inferiore a quella che ci procurano i sampietrini a Roma”. A straparlare – come sempre – è il lobbista-macchiettista prutusino ogni ‘mmenesta Claudio Velardi che nel commentare un agghiacciante reportage del collega Gaetano Pecoraro infila a Piazzapulita (2 ore e 16 minuti) una serie di supercazzole da far impallidire.

Il culmine lo raggiunge quando sulla pelle dei deceduti per neoplasia in terra Lucana snocciola una “sua” rassicurante statistica: “ in Basilicata i morti per tumore sono 370 maschi e 260 donne su 100 mila abitanti contro una media nazionale che è di 460 e 300 e passa”. A chi gli chiede dove avesse preso quei dati, l’ex spin doctor di Massimo D’Alema ora ultrà renziano, liquida il tutto farfugliando un generico: “Sono i documenti ufficiali. Accreditatissimi”. Non mi sorprende che Claudio Velardi faccia semplicemente il Claudio Velardi quando si parla di mestare nel torbido.

Lo “Sblocca Italia”, la legge sartoriale scritta dai petrolieri, che ben presto porterà al raddoppio delle estrazioni di greggio – circa 180mila barili al giorno – e permetterà alle trivelle di invadere territori tradizionalmente agricoli della Basilicata costituisce – nei fatti – soprattutto un forte richiamo per lobbisti, mestieranti e yes man. Appunto. Chi pensava che lo scorso 4 dicembre il Governatore Marcello Pittella, decidesse un’iniziativa: tipo il ricorso alla Corte Costituzionale contro l’articolo 38, si sbagliava di grosso. A maggioranza, il Consiglio regionale, ha deciso – alla fine – di non decidere.

Della serie: i lucani si attaccassero al tram, l’importante è non disturbare il manovratore. Gli schiamazzi istituzionali neppure a immaginarli. Se una sessantina e più di Comuni hanno chiesto di impugnare la legge peggio per loro. C’è sempre Babbo Natale a cui rivolgersi. Questi primi cittadini non hanno capito che le carriere politiche passano tutte per la segreteria nazionale del Pd in via Sant’Andrea delle Fratte – Roma. Meglio non insistere.
Ne sanno qualcosa i miracolati: ex governatore Vito De Filippo oggi sottosegretario alla Sanità, l’altro ex governatore Filippo Bubbico, predecessore di De Filippo e Pittella, ora viceministro dell’Interno, il potentino, Roberto Speranza, capogruppo alla Camera, e il quattro volte deputato Gianni Pittella, capogruppo Pse al Parlamento Europeo.

Alla fine anche in Basilicata come nel resto del Paese trionfa la Razzi-filosofia “Senti fatti un poco li cazzi tua e non rompere i coglioni…”. A decidere – a mali estremi – se il Vulture o il Metapontino sono aree destinate all’agroalimentare piuttosto che alla trivella facile è la presidenza del Consiglio e non solo.

Il “mondo di mezzo” si muove. Le compagnie petrolifere, le industrie, i colossi internazionali non guardano né la trave, né la pagliuzza. Una schiera di lobbisti, facilitatori, mediatori, già sono pronti a dare una mano e anche l’altra. Non è casuale se al governo della Basilicata da oltre 30 anni ci sono sempre gli stessi. Facce e logiche da Prima Repubblica passando per la Seconda e approdando alla Terza. E’ proprio il caso di dire: Ucci, ucci sento odor di affarucci. Non è certamente un caso se il senatore lucano del Pd Salvatore Margiotta (componente della commissione Lavori pubblici e comunicazioni del Senato e vicepresidente della Commissione parlamentare Rai) molto amico dei Pittella recentemente è stato condannato dalla Corte d’Appello di Potenza a un anno e sei mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici (pena sospesa).

L’inchiesta è del 2008 e condotta dal pm Henry John Woodcock (allora in servizio a Potenza). I reati ipotizzati e poi provati sono di presunte tangenti nella realizzazione del Centro Oli della Total, nella zona di Corleto Perticara (Potenza), e di un “comitato di affari” per gestire tangenti sugli appalti delle estrazioni petrolifere in Basilicata. Il senatore doveva intascare una tangente da 200mila euro per dare un “aiutino” agli amici degli amici. Se tanto mi dà tanto, ecco che il “mondo di mezzo” con all’orizzonte lo strumento “Sblocca Italia” non perderà certo tempo. Gli affari sono affari. La politica – in tempi di vacche magre – e scarsi finanziamenti ha bisogno di nutrirsi. Chi vuole capire, ha capito…
E’ facile comprendere che parlare con questi interlocutori di diritti, scelte sostenibili, inquinamento, danno alla natura, contaminazione delle falde, scorie e rifiuti radioattivi, sottosuolo gruviera, espropri illegittimi, desertificazione sociale e violenza del paesaggio è come parlare del nulla.

Ma non tutto è perduto. C’è un vento che soffia in Basilicata, leggero ma impietoso. Occorre solo ascoltarlo. E’ lì c’è il segreto della storia di una terra e della sua gente che non soccomberà mai. “Nella mia città c’è una casa bianca con un glicine in fiore che sale, sale, sale su; sulla mia città c’è un cielo grande che ti spalanca il cuore e non ti delude mai…”

@arnaldcapezzuto

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