Musica

Peter Gabriel live alla Wembley Arena: emozione senza effetti speciali

Intatta la consueta predisposizione dell'artista ad un approccio spesso teatrale che trasforma ogni concerto in uno spettacolo completo. Immutata resta anche la coerenza di Gabriel nel dimostrarsi sempre dalla parte di chi lotta per vedere riconosciuti i propri diritti

di Chiara Felice

Lasciare la certezza di un successo afferrato e destinato ad aumentare, per l’incertezza di un viaggio dalle mete sfocate. Peter Gabriel, nel lontano 1975, è stato l’autore di questo “salto verso l’ignoto” lasciando i Genesis in favore di una carriera solista che sarebbe stata caratterizzata da scelte audaci e mai scontate. Mentre ci si arma di santa pazienza in attesa del nuovo album – in lavorazione, ma i tempi di Gabriel tendono sempre a dilatarsi notevolmente – ci si accontenta del suo “Back To Front Tour”, partito nel 2012 a seguito della celebrazione (in ritardo di un anno) del venticinquennale di “So”, disco che lo consacrò alle grandi masse grazie all’eccellente melting pot di culture sonore.
La data londinese alla Wembley Arena vede diversi italiani tra il pubblico, a rimarcare ancora una volta l’amore incondizionato ed inossidabile di un popolo al quale Gabriel e i Genesis devono davvero molto; non sarà un caso che l’ex Genesis abbia deciso di presentare un nuovo brano, “What Lies Ahead”, proprio nella prima data italiana del tour.

Le ultime settimane non sono state facili per Gabriel, durante due date italiane era apparso giù di voce, mentre la data di Lione sarebbe stata addirittura cancellata. Sul palco della Wembley Arena la voce c’è ma negli occhi di Gabriel si legge un’enorme fatica, che viene comunque spinta all’angolo dalla volontà di condividere ancora una volta emozioni e bellezza. Il concerto viene presentato come una cena succulenta, lo stesso Gabriel spiega le diverse portate: si partirà dall’antipasto (quattro brani in acustico) e si continuerà con la portata principale (cinque brani dalla discografia e “Why Don’t You Show Yourself”, scritta per il progetto cinematografico “Words With The Gods”) per poi concludere con il dessert che vedrà la completa esecuzione di “So”. La band sul palco è la stessa della della line-up originale: Tony Levin, David Rhodes, Manu Katché e David Sancious, mentre i cori sono affidati alle musiciste Jannie Abrahamson e Linnea Olson che hanno perfettamente aperto la serata.

La prima parte, eseguita a luci accese, si chiude con “Family Snapshot” – tratta dal terzo album in studio – canzone che dal vivo porta nuovamente in evidenza l’eccellente capacità di Gabriel nel costruire scene sonore che aderiscono perfettamente alla struttura narrativa delle liriche. “No Self Control” – tratta dallo stesso album – rimarca questa abilità, così come il brano che la anticipa, “Darkness”, che precipita in un vortice elettrico e distorto per poi rinascere attraverso la linea melodica e modulazioni che riportano a galla la speranza. Le luci dell’Arena si spengono e lo schermo sul palco viene invaso da una pioggia di lapilli rosso fuoco ad introdurre la potente “Red Rain” che inaugura l’esecuzione dell’album “So”. Dal vivo i brani guadagnano in intensità: dalla pluripremiata “Sledgehammer” – che vede il classico ballo in sincrono di Gabriel-Levin-Rhodes – alla struggente versione di “Mercy Street” – dove Gabriel si riallaccia al passato cantandola sdraiato a terra – il bagaglio emotivo si amplia canzone dopo canzone.

Come è giusto che sia, non ci sono grandi effetti speciali eccezion fatta per l’ “anello” che in “The Tower That Ate People” cala su Gabriel per poi svilupparsi a spirale verso l’alto; resta invece intatta la consueta predisposizione ad un approccio spesso teatrale che trasforma ogni concerto in uno spettacolo completo. Immutata resta anche la coerenza di Gabriel nel dimostrarsi sempre dalla parte di chi lotta per vedere riconosciuti i propri diritti. Dal palco della Wembley Arena di Londra ancora una volta rivolge il proprio pensiero a coloro che continuano a lottare; cita le proteste di Hong Kong, del mondo arabo e soprattutto i 43 studenti messicani uccisi per aver protestato contro la corruzione e la violenza del governo: “Biko” – canzone dedicata all’attivista sudafricano Steven Biko ucciso dalla polizia nel settembre del 1977 – è per loro, ed allo stesso tempo ricorda alle nostre coscienze talvolta dormienti, che nel mondo le persone continuano a morire nella dura lotta verso la libertà.

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