Senato non elettivo e premio di lista (non più di coalizione) per l’Italicum. Le riforme del governo Renzi alla prova delle commissioni continuano il loro percorso in attesa di arrivare in Aula per la discussione. Una corsa contro il tempo voluta dal presidente del Consiglio che cerca di accelerare i tempi. La velocità per ora è garantita dal patto del Nazareno con Silvio Berlusconi. “Le modifiche solo se Forza Italia è d’accordo”, ha fatto sapere il ministro delle riforme Maria Elena Boschi nelle scorse ore.

A Montecitorio sono stati bloccati gli emendamenti che prevedevano l’elezione diretta del Senato. La commissione Affari costituzionali della Camera ha bocciato le modifiche alla riforma del bicameralismo presentati da M5s e dai dissidenti di Fi (primo firmatario Maurizio Bianconi) che riproponevano il Senato eletto a suffragio universale. Rosi Bindi ha ritirato i propri emendamenti, che prevede che i Senatori siano scelti dai cittadini al momento di eleggere i consigli regionali, ma M5s, Lega e Sel li hanno sottoscritti e hanno chiesto di votarli. Anche questi sono stati bocciati. Durante il dibattito sugli emendamenti è intervenuto il deputato di minoranza, Alfredo D’Attorre (Pd), secondo cui il lungo confronto sul tipo di elezione del futuro Senato “non è tempo perso”, visto “che è emersa una consapevolezza diffusa di dare anima e missione al nuovo Senato”. A prendere la parola anche il deputato M5s, Danilo Toninelli: “La nostra iniziativa di sottoscrivere alcuni degli emendamenti Bindi ritirati – ha spiegato – non è per creare scompiglio. Ascoltiamo un dibattito interno al Pd e al Patto del Nazareno ma non sentiamo quello in Parlamento”. Per M5s “ritirare gli emendamenti per proseguire un dibattito nel Pd è affare del Pd ma non possiamo continuare a dire di arrivare in aula, come altre volte si è fatto, con provvedimenti raffazzonati”. A rispondere alle accuse il relatore Pd, Emanuele Fiano, che ha definito le critiche “ingenerose” e assicura che “la posizione del Pd è chiara. Ci sono considerazioni di merito e considerazioni politiche, sintesi tra posizioni distanti come dimostra il dibattito sulla Costituzione e spesso il punto di sintesi è molto distante dalle posizioni di partenza”.

Intanto a Palazzo Madama in prima commissione si discute di legge elettorale. La relatrice Pd Anna Finocchiaro ha depositato due emendamenti che introducono le modifiche anticipate da Renzi nell’ultimo vertice di maggioranza: premio di maggioranza alla lista (e non più alla coalizione) che supera il 40% – e non più il 37% – dei voti, soglie di sbarramento abbassate dall’8% al 3%, “100” e “plurinominali” i collegi elettorali previsti per l’elezione della Camera. Inoltre: capilista bloccati e potranno presentarsi in più collegi e sono previste due preferenze. La Commissione ha invece approvato l’ordine del giorno di Roberto Calderoli ma solo dopo una sua riformulazione secondo cui dal testo è stata eliminata la parte che prevedeva una clausola di salvaguardia con il ripristino del Consultellum, anche per il Senato. Il sì della Commissione è arrivato con soli quattro astenuti (tre M5S e uno di Sel) e nessun contrario ma solo dopo che l’odg presentato dal senatore della Lega è stato riformulato eliminando interamente il punto che chiedeva “l’introduzione di una clausola di salvaguardia che metta a sistema la normativa elettorale vigente, come integrata dalla sentenza della Corte costituzionale numero 1 del 2014, al fine di definire anche per il Senato, una disciplina di rango primario”. “Tutte le cose che l’odg prevede sono riferite all’italicum ed è questo che abbiamo accettato, questo odg, riformulato, con il consultellum non c’entra nulla”, la parte che lo riguardava “è state espunta”, spiega il sottosegretario alle Riforme, Luciano Pizzetti, al termine dei lavori della Commissione.

 

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