Il giorno della sua scomparsa, il 4 luglio del 2007, Massimo Mucchetti scriveva sul Corriere della Sera: “Addio al giornalista combattente”. C’era anche lui, ora senatore, a Gussola (Cremona) per ricordare Claudio Rinaldi, una delle più importanti firme del giornalismo italiano, l’unico ad aver diretto i tre principali settimanali del Dopoguerra: Europeo, Panorama e L’Espresso. Nel comune del Casalasco sabato pomeriggio è stata inaugurata la fondazione che porta il suo nome. Tanti gli amici e i colleghi presenti, insieme alla vedova Loredana Schiaffini, originaria proprio di Gussola, e alla figlia Giulia. Sarà proprio Giulia la presidente della Claudio Rinaldi Onlus, che “si prefigge di aiutare i ragazzi della scuola dell’obbligo, nella loro formazione, per diventare giornalisti e sviluppare senso civico ed educazione civica”.

“Un’iniziativa di formazione che parla di informazione”, ha osservato il senatore del Partito Democratico Luigi Zanda, che ha contribuito alla nascita dell’associazione. E’ importante, ha aggiunto il parlamentare Pd, che “l’opera della fondazione parta da qui, dalla terra di Loredana”. Rinaldi era un uomo di “idee forti, che non mollava mai. Un leader. E l’informazione va fatta come la faceva lui, da grande giornalista”.

Presenti anche il direttore de Il Fatto Quotidiano Antonio Padellaro, il condirettore della testata Marco Travaglio, e l’ex direttore dell’Espresso Bruno Manfellotto. “Ricordo Claudio con grande emozione – ha detto Padellaro -. Mi insegnò la cura, che non avevo allora, che ogni giorno cerco di mettere nel mio lavoro e che ogni giornalista dovrebbe dimostrare nella sua professione”. “E’ stato un amico fraterno – ha aggiunto – ma soprattutto il mio direttore. Ne ho avuti tanti, ma quello che ho imparato da Claudio non l’ho imparato da nessun altro. L’amore per il giornale, creatura viva che va seguita passo dopo passo nella sua evoluzione”. Per Padellaro, Rinaldi è stata una persona con la quale “ho condiviso momenti importanti della vita del Paese. Sono entrato all’Espresso quando il fenomeno Berlusconi cominciava a farsi notare”.
Padellaro ha parlato poi dell’uso della lingua italiana: “E’ fondamentale sapersi esprimere e questo deve iniziare dalla scuola”. Dopo aver ricordato che fu Rinaldi a fargli conoscere Travaglio, il direttore del Fatto ha rivelato: “Quanto sento il bisogno di farmi consigliere da lui, da Claudio, mi viene voglia di telefonargli”.

Travaglio, che fu chiamato proprio da Rinaldi dopo la fine dell’esperienza alla Voce di Montanelli, è stato introdotto dalla moglie del giornalista scomparso, Loredana. “Chi scrive in modo divertente – ha sostenuto il condirettore del Fatto – fa ricordare meglio le cose a chi legge”. E ha concluso: “Bisognerebbe insegnare che si può fare i giornalisti e gli educatori civici divertendosi e divertendo”.

L’incontro si era aperto con un video in cui Rinaldi, ospite di Gigi Marzullo, ricordava la sua carriera ma non solo: la sua vita privata, le ansie, le paure, i sogni, i rimpianti. E la malattia: la sclerosi multipla, diagnosticatagli nel 1986, che lo ha limitato via via nei movimenti e quindi negli spostamenti, ma non gli ha impedito di lavorare fino alla fine. “Un’esperienza – diceva del male – che ti aiuta a badare al sodo, a guardare in faccia alle cose per quello che sono”. E alla domanda se la malattia suscitasse in lui più rabbia o rassegnazione, lui rispondeva: “Né l’una né l’altra, sono al lavoro per cercare di cavarmela”. Dopo la proiezione dell’intervista Mucchetti ha commentato: “Questo contributo andrebbe trasmesso prima di ogni riunione di direzione del Pd per capire cosa vuol dire leadership”.

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