Un 17enne tunisino si è dato fuoco in cella. “Voleva stare in comunità non in carcere”, dice il parroco dell’istituto minorile Beccaria di Milano don Gino Rigoldi. Un altro detenuto ha tentato di impiccarsi mentre un ragazzo con problemi di autolesionismo si è tagliato i polpastrelli in mensa, secondo la polizia penitenziaria, per far colare il sangue nel panino con la bresaola. Sono queste alcune delle istantanee che arrivano dal carcere minorile del capoluogo lombardo. “Troppi ragazzi con problemi psicologici (un terzo dei 41 detenuti) e casi di autolesionismo in aumento in una struttura fatiscente e sprovvista di un’equipe psichiatrica”. A dirlo è Iolanda Tortù, coordinatore regionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe). Solo negli ultimi due mesi ci sono stati “tre tentati suicidi – continua Tortù – oltre al tentativo di innescare un incendio nei corridoi del carcere bruciando magliette ed altri oggetti”. Dei 41 detenuti, la scorsa settimana otto sono stati trasferiti in altre strutture per allentare la tensione dell’ultimo periodo.

Alessandra Naldi, il Garante dei detenuti di Milano, collega “l’aumento dei detenuti minorenni con problemi mentali ad un incremento dell’uso di droghe prima di entrare in carcere”. In altre parole, secondo il Garante, i minori arrivano al Beccaria già con disagi psicologici legati al consumo di stupefacenti e alla situazione difficili da cui provengono. Il problema sta quindi a monte: “Mancano servizi di prevenzione ed educativa di strada per intercettare i ragazzi a rischio prima che vadano in carcere – continua Naldi – Sicuramente il Comune potrebbe fare molto, ma i servizi comunali sono allo sbando per mancanza di risorse. Abbiamo attivato percorsi simili per Quarto Oggiaro, per esempio, ma ci sono voluti anni per raggiungere qualche risultato”. Oltre al fatto che “sui minori detenuti c’è il grosso problema degli stranieri: nessun Sert (Servizio per le tossico dipendenze, ndr), prenderebbe in carico uno straniero irregolare. E questo rende più difficile eliminare problemi di tossicodipendenza nei ragazzi a rischio. Che poi potrebbero presentare problemi di salute mentale, una volta entrati in carcere”.

Rispetto alle risposte che il Beccaria dà ai suoi detenuti con problemi di salute mentale per don Gino Rigoldi “manca un contesto di consulenza psichiatrica stabile”, al di là delle equipe di psicologi. “Ci sono detenuti che hanno grosse depressioni, soggetti fragili che arrivano anche ad atti di autolesionismo. Non può essere compito della polizia penitenziare trattare questi casi”. Una situazione di mancate risposte che porta ad aumentare il carico di lavoro per gli agenti penitenziari. “Hanno orari massacranti e personale ridotto: è inevitabile che qualche caso psichiatrico li mandi ancora più nel panico”. Tanto che il Sappe chiede “almeno la presenza di un presidio medico 24 ore su 24 (ora è dalle 8 alle 22, ndr). Perché se succede qualcosa di notte, cosa possiamo fare?”, conclude Iolanda Tortù del sindacato di polizia penitenziaria.

Problemi di gestione in una struttura carceraria che non può neppure contare su un direttore stabile. A marzo 2013, infatti, la direttrice e il comandante di Polizia penitenziaria hanno lasciato l’istituto dopo un’ispezione ministeriale che ha evidenziato “un difficile rapporto tra i due che ha comportato pesanti difficoltà nella gestione dell’istituto”, si legge nel report delll’ong Antigone. Da allora la direzione è stata assunta da Alfonsa Micciché. “Un anno di buona gestione”, secondo il Garante dei detenuti. Peccato che il 28 febbraio sia scaduto l’incarico ed ora il Beccaria sia senza un direttore. E quindi, secondo il presidente di Antigone Lombardia Valeria Verdolini, “senza una persona a cui fare riferimento anche per affrontare questi problemi legati alla salute mentale dei detenuti”.

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Vive in Italia da 15 anni, dove è cresciuta. Ma i giudici ordinano rimpatrio in Africa

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