Tanti anni fa l’immagine del Canada era di una nazione all’avanguardia per la difesa dell’ambiente e le responsabilità connesse. Dopo l’avvio delle attività di estrazione di bitume dalle tar sands nello stato di Alberta nel 1996 tutto è cambiato. Nel corso degli anni si sono susseguiti report dopo report di inquinamento di aria, acqua e vita di persone. Sono scene apocalittiche e non ci sono altre parole per descriverle. Queste tar Sands sono considerate “idrocarburi non convenzionali” perché sono in forma semi-solida e sono un miscuglio di sabbia e argilla compattata con bitume e asfalto. Nello stato di Alberta le tar sands coprono un’area di 140,000 chilometri quadrati – più grandi dell’Inghilterra e sono coperte da uno strato di foresta boreale.

Cosa fare allora per estrarre questo “petrolio”? Evidentemente occorre eliminare la foresta – cioè abbattere tutti gli alberi – e poi mandare enormi macchinari a scavare la roccia sottostante. Il bitume viene poi isolato dalle altre sostanze indesiderate, usando grandi volumi di acqua ad alta temperature. Se la roccia è troppo profonda, si iniettano nel sottosuolo miscele chimiche per ridurne la viscosità ed estrarre il santo graal bituminoso. E poi su terraferma, altri impianti di raffinazione, altri trattamenti, altre emissioni. Secondo la International Boreal Forest Conservation “Extracting and refining this hydrocarbon is the most polluting and carbon intensive oil process on earth, draining wetlands, diverting rivers and stripping all trees and vegetation from the forest” (L’estrazione e la raffinazione di questi tipo di idrocarburi è il processo più inquinante che ci sia sulla terra e quello a maggior emissione di CO2, con drenaggio delle zone umide, deviazione dei fiumi e distruzione di tutti gli alberi e vegetazione della foresta).

tar sandsPer ogni barile di petrolio prodotto nelle tar sands, ce ne sono voluti quattro di acqua. Molta di questa acqua arriva dal bacino dell’Athabasca, un complesso sistema fluviale di Alberta. Le operazioni petrolifere lasciano dietro i cosiddetti “tail ponds”, cioè dei laghi artificiali di rifiuti petroliferi che spesso lasciano migrare inquinanti nel sottosuolo e nell’atmosfera. Avolte ci sono delle dighe a contenere queste acque di scarto che però lasciano fuoriuscire acqua contaminata nell’ambiente. Qualcuno di questi tail pond è così grande che si può vedere anche dallo spazio.

Le comunita’ di indigeni che vivono nei pressi dell’Athabasca e che ne usano l’acqua sono colpiti da elevati tassi di tumori rari e non possono più praticare la pesca. I medici hanno paura di diagnosticare malattie derivanti dall’inquinamento petrolifero, a causa di ripercussioni personali, e consigliano ai pazienti di rivolgersi ad avvocati invece.

Il Canada non è riuscito a mantenere gli impegni di Kyoto, e nel 2011 si è formalmente ritirato dal protocollo firmato nella città giapponese perché sapevano di non potere soddisfare i criteri richiesti di abbattimento dei gas serra emessi. E da dove veniva emessa la maggior parte di questi gas serra? Dalle tar sands dell’Athabasca appunto.

4.7 millioni di acri di terreno attorno alle tar sands sono stati contaminati da mercurio. A tassi 16 volte maggiori che quanto considerato normale. Anche le uova degli uccelli a valle dei corsi d’acqua dove ci sono impianti di lavorazione del bitume hanno tassi anormali di concentrazioni di mercurio. Un confronto con le uova analizzate nel 1977 mostra che i livelli di mercurio sono aumentati del 67%. Per la prima volta si e’ scoperta la presenza di metilmercurio, una forma più tossica del mercurio nella neve.

Le perdite sono all’ordine del giorno – ma i petrolieri sminuiscono sempre. Per essere politically correct, e per non far pensare al bitume, a volte queste tar sands le chiamano “Oil Sands”. Anche la chiesa cattolica si è espressa contro l’immane distruzione della foresta boreale. E non è solo l’ambiente, ma la democrazia stessa di Alberta ad essere contaminata dal petrolio: nel segretariato per la sostenibilità delle tar sands (ma può esistere una cosa del genere?) siedono membri del direttivo di ditte petrolifere.

Uno penserà: beh, con tutta questa distruzione, almeno porterà lavoro. Può darsi, ma intanto le ultime statistiche, rese pubbliche proprio in questi giorni, parlano di maggiore occupazione in totale in Canada da lavoro nelle rinnovabili che presso le tar sands. L’Alberta è fra i fanalini di coda nel settore green, come dire, arriva il petrolio e tutto il resto stenta a decollare.

Foto e link sull’enorme devastazione in atto tar sands sono qui.

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