Il bigliettino di invito è attaccato all’appendino nel corridoio dell’asilo.

E’ il terzo compleanno dall’inizio della scuola e mentre l’invitata è, come da copione, in febbrile attesa, io resto quietamente rassegnata nell’affrontare una nuova abbuffata di pizzette, focacce, patatine, nonché un’overdose di musica a bombissima che va da ‘Le tagliatelle di nonna Pina’ a ‘Il coccodrillo come fa’, da ballarsi (è già capitato) sottobraccio, genitori e figli, in stile ‘Ballo del qua qua’. E siccome so già che bisognerà fare a pugni per impossessarsi di mezzo bicchiere di prosecco, si prospetta un altro lunghissimo pomeriggio.

E’ altamente probabile che io sia il prototipo di madre con meno spirito cameratesco, ma non posso fare a meno di domandarmi… è questa la musica che i bambini vogliono e devono ascoltare?

La musica tocca le corde più intime degli ascoltatori di tutte le età, a due anni come a ottanta, trasversalmente popolare, scioglie il cuore dello spaccone quanto quello del romantico, arriva al ricco come allo squattrinato, eleva dal fango lo sventurato e sprona all’azione il pavido.

Quando ero piccola, sebbene lo Zecchino d’oro esistesse già da una ventina d’anni, non cantavo le canzoni per bambini da lì sfornate, ma sapevo a memoria il testo di ‘Amico’ di Renato Zero perché mio padre la suonava col suo gruppo.

Quando dovevo restare al lavoro da mia madre, per ammazzare il tempo, mi mettevano davanti a una macchina da scrivere meccanica – quelle con l’inconfondibile odore di inchiostro – all’interno di qualche ufficio vuoto, dove battevo forte sui tasti le parole de ‘La locomotiva‘. Più scrivevo e meno riuscivo a capire come diavolo un treno potesse essere “cosa viva”.

Avevo nove anni, e durante il tragitto per raggiungere un paesino sull’Appennino dove i miei nonni affittavano una casa, a bordo di una 127 grigia, cantavamo l’album Emozioni (quello con la cassetta arancione) di Battisti, tutto d’un fiato, partendo alla grande con ‘Fiori rosa, fiori di pesco‘.

E sul balcone di quella casetta che dava sull’unica via del paese, mio cugino cominciava a strimpellare la sua prima chitarra sulle note de ‘La guerra di Piero‘.

Come moltissimi altri, i capitoli della mia vita si dipanano sulle note di una qualche canzone in sottofondo.

Nella sua intervista di qualche settimana fa sul Fatto del Lunedì, Mogol parla”dell’abitudine alla musica fin da bambini, dell’importanza di far crescere i più piccoli con l’esercizio dell’ascolto, del significato della musica e quello delle parole”.

Mentre ora sto scrivendo, una palla da calcio di stoffa regalata ieri a mio figlio di otto mesi, riempie la stanza con “urrà iuh-uh giochiamo su, la palla va di qua e di là“, ecco, non credo che Mogol si riferisse a questo tipo di melodie.

Siamo d’accordo che non tutti seguono la musica, e va bene così. Ma secondo me c’è di più. A causa dei ritmi sempre più contratti, Facebook a governare le briciole del tempo rimasto, i figli piccoli alle costole, e il generale bombardamento di immagini, molti si sono scordati cos’è sentire la pelle d’oca mentre si cantava a squarciagola chiusi nella macchina in mezzo al traffico cittadino.

E dimenticando quello, ci si assuefa ai motivetti banali e orecchiabili presenti in molti giochi per bimbi.

Mitragliati da costanti proposte ludico-musicali sotto forma di palle, libri, pupazzi e varie, si finisce per credere che la musica vera, non risulti gradita ai nostri figli.

Io credo però che i bambini non siano fessi e ampiamente in grado di riconoscere il bello quanto noi, il che non vuol dire che non si divertano a cantare (anche) le canzoni dello Zecchino.

Negli anni sessanta in una scuola inglese, alcuni insegnanti di lettere usavano i testi dei Beatles per farli interpretare ai propri studenti, fu lì che il genio eccentrico di John, per far impazzire i ragazzi, decise di complicargli la vita creando il testo surreale di ‘I Am the Walrus’. I Beatles dunque come materia di studio. Anni più tardi, a me a scuola invece insegnarono, nell’ordine: ‘Son tutte belle le mamme del mondo’, ‘L’amico è’ e ‘Noi, ragazzi di oggi’… non proprio ‘Magical mystery tour’.

Alcuni ricercatori hanno dato l’allarme, sostenendo che con l’uso dei tablet i bambini di oggi stanno disimparando la manualità, perfino a giocare coi Lego.

Sarebbe un vero peccato se si disabituassero anche al piacere della musica.

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