Quel che si dice essere più realisti del re.

La dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico Agrario “Emilio Sereni” di Roma, con la circolare 128, ha stabilito (lei, e non il collegio dei docenti, che delibera in materia di didattica; lei, e senza nessun tipo di consultazione) di inaugurare una nuova modalità – quella dei Pretest – senza che i docenti ne sapessero nulla. Di che si tratta?

Come è noto la questione dei Test Invalsi tiene banco in particolare nel mese di maggio, quando scuola primaria, secondaria di primo grado e ultimo anno del biennio della secondaria di II grado sono impegnate nella somministrazione dei test. Moltissime, ogni anno, le polemiche: i test contrastano completamente l’impostazione critico-analitica dell’apprendimento e del sapere, impongono ai docenti il “teaching to the test”, l’insegnamento in funzione del superamento del test e non dell’acquisizione di conoscenze; antepongono la velocità alla riflessione. Queste ed altre critiche sono oggetto di dibattito approfondito in altri Paesi molto più avanzati del nostri in tema di valutazione; un dibattito che solo l’estremo provincialismo italiano può ridurre nei termini del diktat, della necessità di volontà altrui (ce lo chiede l’Europa!), dell’ovvietà esecutiva e della arbitrarietà coercitiva e dirigista, non tenendo conto della profondità dei temi e delle argomentazioni che la problematica evidenzia. I test Invalsi vanno a minare la capacità di riflessione e ragionamento indispensabili agli apprendimenti di fenomeni complessi, riducendo l’apprendimento medesimo a facoltà eminentemente mnemoniche e ripetitive. Piegare la dimensione complessa della didattica a mero addestramento allo sviluppo di tali facoltà significa dunque annullare lo studente come soggetto nella sua complessità per considerarlo un risponditore automatico alle nozioni somministrate; e – di conseguenza – alienare alla scuola il mandato che le assegna la Costituzione Italiana: quello di licenziare cittadini consapevoli, dotati di pensiero critico.

Non è bastato imporre i test Invalsi nel mese di maggio, ormai da anni; né travalicare attraverso un’imposizione costante l’opposizione su una materia – quella dei test – che si basa su una normativa in realtà sdrucciolevole, senza una fonte di primo grado di riferimento; una normativa che, come sta accadendo – ad esempio – anche per i Bes, poggia su circolari, direttive, decreti ministeriali, regolamenti e che trova la sua applicabilità nell’uso (e nell’abuso) più che nella norma. Il caso Sereni si segnala come esempio di zelo veramente inconsueto, proponendo l’anticipazione di quella che, per il momento, è solo una (scellerata) proposta: somministrare i test Invalsi all’esame di Stato. Tale possibilità, come è noto, è stata periodicamente ventilata dai ministri che si sono succeduti negli ultimi anni; ma mai nessuno aveva evidentemente proposto la propria candidatura (prevaricando le prerogative degli organi collegiali) per fare da scuola polo della sperimentazione. La circolare della dirigente – invece – impegna 3 classi terminali a sperimentare il 2 dicembre il test Invalsi in prospettiva dell’Esame di Stato, in presenza di un commissario dell’Istituto di Valutazione.

Il Gruppo No Invalsi di Roma – previa una richiesta di chiarimenti inviata per raccomandata, alla quale la ds non ha mai risposto – insieme a docenti e studenti del Sereni ha tentato di opporsi all’iniziativa, che nel merito e nel metodo presenta una serie di caratteristiche inaccettabili. Il 2 dicembre, dunque, molto probabilmente i pionieri dell’invalsizzazione coatta del Sereni saranno sottoposti al test, anticipando qualsiasi provvedimento ufficiale da parte del Miur e del Governo. La scuola di cui si parla, all’inizio dell’anno, accolse il ministro Giannini in visita pastorale. Temiamo che la scelta di fare di quella scuola – come si legge dalla circolare della ds – istituto di Pre-test sia il frutto dell’ennesimo italiota compromesso deciso nelle segrete stanze.  Le strade che rimangono al Gruppo No Invalsi, che chiede il rispetto dell’art.5 (Accesso Civico) della legge per la trasparenza, contro le illegalità e la corruzione nella Pubblica amministrazione, sono due: il ricorso alla commissione per la Trasparenza o la denuncia alla Magistratura, anche nell’osservanza degli artt. 23 e 28 della Costituzione (Art. 23. Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge; Art. 28. I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici).

Staremo a vedere.

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