Terribile il 2014 di Cesare Prandelli. Dopo il fragoroso flop a Brasile 2014, il tecnico di Orzinuovi è vicinissimo a essere esonerato dal Galatasaray, con cui aveva firmato un sontuoso triennale. Manca ancora l’ufficialità, ma per la stampa turca si tratterebbe di una pura formalità. Annus horribilis che fa tabula rasa delle buone stagioni di Prandelli a Parma e a Firenze, che gli avevano permesso di costruirsi un credito presso la stampa e l’opinione pubblica andato ben al di là di quanto dimostrato sul campo nel corso della carriera. Solo quest’estate, autorevoli commentatori avevano vergato editoriali a difesa del Prandelli uomo e allenatore, asserendo che gli si doveva chiedere scusa per averlo maltrattato dopo le sconfitte con Costa Rica e Uruguay e per essere riuscito a farsi eliminare al primo turno. Ecco, ora che Prandelli è di nuovo sul mercato degli allenatori, questo tipo di credito sembra essersi esaurito.

Cresciuto come allenatore delle giovanili all’Atalanta del maestro Mino Favini, l’inizio è in salita: retrocesso alla prima stagione con gli orobici, l’anno dopo a Lecce si dimette a febbraio con la squadra in zona retrocessione. Mediano della Juventus del Trap, con cui ha vinto tutto, Prandelli nella sua nuova veste di tecnico parte avvantaggiato rispetto a molti colleghi, e le due successive promozioni dalla Serie B ottenute con le corazzate Verona e Venezia sono salutate con favore. Anche se la Serie A con i lagunari di Zamparini racconta di zero vittorie in 5 partite e del conseguente esonero. Le stagioni migliori di Prandelli sono a Parma, due cinque posti consecutivi e poi, dopo una breve parentesi estiva alla Roma, alla Fiorentina appena riportata da Della Valle in A.

Nei cinque anni Firenze il Forrest Gump delle panchine italiane ottiene buoni risultati, una semifinale di Europa League e una qualificazione agli ottavi di Champions, ma soprattutto si presenta come perfetto esempio della nouvelle vague del tecnico moderno: elegante, di bell’aspetto e facile eloquio davanti alle telecamere, incanta le platee e la gran parte della stampa, che comincia una campagna per portarlo sulla panchina azzurra dopo la fallimentare esperienza sudafricana del Lippi bis. Un ottimo girone di qualificazione a Euro 2012, condito dal codice etico e da alcuni coup de theatre come l’invito a Coverciano di Simone Farina, il giocatore che rifiutandosi di combinare un match fece partire l’inchiesta calcioscommesse, lo rendono invincibile.

E così nessuno si lamenta se in nome del codice etico non è convocato il giocatore dello Zenit Criscito, colpevole di essere stato fotografato con personaggi equivoci, ma è invece chiamato lo juventino Bonucci, che all’epoca è però uno dei grandi indagati del calcioscommesse. Nessuno domanda se davvero Niccolò Prandelli sia nello staff come preparatore per reali meriti acquisti, o solo perché è il figlio del c.t.. O perché a Farina non sia stato offerto un ruolo, invece di usarlo solo come un trofeo: come il militante delle Pantere Nere che adornava i salotti radical chic di Tom Wolfe. E nessuno trova da ridire su Prandelli nemmeno quando l’Italia in finale subisce la peggior sconfitta della storia dell’Europeo (0-4 contro la Spagna), con il tecnico che fa entrare un Thiago Motta in pessime condizioni fisiche, che esce subito lasciando la squadra in dieci.

La luna di miele continua anche nella corsa a Brasile 2014, nonostante Prandelli continui a piegare il codice etico a sua insindacabile volontà. Durante l’anno si rifiuta di convocare Destro e De Rossi perché squalificati per falli di gioco. Poi ad aprile ribadisce: “Il codice etico sarà in vigore anche nell’ultimo mese, chi sbaglia paga. Sono stanco degli atteggiamenti violenti”. E infine a maggio convoca Chiellini, nonostante lo juventino sia squalificato per una gomitata. In Brasile il ritiro azzurro è il più lussuoso, Prandelli porta dall’Italia costosissimi macchinari ginnici per potenziare la forza in allenamento. Ma sul campo la squadra si pianta, non corre. Colpa di Prandelli? Assolutamente no. Dopo avere escluso Destro e Rossi dalle convocazioni per ragioni personali, Prandelli si scaglia contro il suo unico attaccante a disposizione, l’incolpevole Balotelli, addossandogli tutte le responsabilità della rovinosa sconfitta. E la stampa lo segue: le sue doverose dimissioni, atto dovuto un secondo prima del licenziamento, diventano addirittura un gesto signorile. Ma l’sms che arriva oggi dalla Turchia è chiaro: il credito è esaurito.

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