Muscoli e intensità sono gli ingredienti del derby servito da Milan e Inter ai 79mila di San Siro. Abbondante il contorno di errori e il conto alla fine lo pagano entrambe. Perché sullo scontrino c’è stampato un pareggio che serve poco quanto nulla al bilancio deficitario delle milanesi. Per correggere il sapore della stagione non serve alcun elemento segreto, ma semplicemente un esaltatore di qualità che scarseggia nelle cucine di Roberto Mancini e Pippo Inzaghi. Non basta neanche il pepe che Jeremy Menez getta a piene mani a metà del primo tempo per dare gusto a una stracittadina che rispecchia in pieno il momento nero della Milano calcistica. Il piatto al volo del francese è una gemma in mezzo al fango nel quale si lotta per novanta minuti. I più bravi a rimanere in piedi sono Kuzmanovic e Mexes, i migliori in campo. E questo basterebbe a descrivere il valore tecnico di una partita le cui emozioni hanno le fondamenta in errori clamorosi, difensivi e offensivi. Il primo è di Muntari che regala la palla buona a Icardi, ipnotizzato da Diego Lopez. Siamo in apertura e l’argentino potrebbe indirizzare il derby, invece con il suo piede incerto spegne un po’ la foga dei compagni di squadra, rigenerati in avvio, almeno nella voglia, dall’arrivo di Mancini.

Il tecnico jesino prova a cuocere il Milan con gli uomini annunciati alla vigilia ma sorprendendo per il modulo. Un imprevisto 4-3-3 – probabilmente solo di transizione verso il 4-3-1-2 – che ha il merito di limitare la corsa degli esterni rossoneri grazie ai rinculi di Palacio e Kovacic in aiuto di Dodò e Nagatomo, non esattamente due terzini di contenimento. Ma va così dispersa la fantasia del croato, alla quale l’Inter dovrebbe appoggiarsi per creare: parte troppo largo per essere nel vivo del gioco. E allora i nerazzurri sono tutti corsa e muscoli come il Milan. Nei primi venti minuti c’è più foga ma dopo il gol è la banda di Inzaghi a prendere in mano la partita, pur senza creare grandi pericoli dalle parti di Handanovic. Viste le preoccupazioni della vigilia per le tante assenze difensive (Abate, Alex, la diga De Jong a centrocampo) va bene così.

Almeno fino al rinvio corto di Zapata che diventa un assist per Obi, bravo a trovare l’angolino dal limite rimettendo in carreggiata l’Inter che ha poco da Palacio e ancor meno da Icardi. L’argentino, autore degli ultimi quattro gol nerazzurri in campionato, si divora il pareggio in apertura di secondo tempo, poi nei venti minuti finali – quando saltano schemi e tattica – sbuccia l’incrocio dei pali certificando la serata ‘no’. Buon per Mancini che al festival degli orrori si fosse iscritto anche El Shaarawy pochi minuti prima sparando sulla traversa un gran servizio di Bonaventura. Maurito e Il Faraone: marchiano negativamente il derby le stelle del futuro, mentre quelle del presente (leggi Torres) sono ectoplasmi vaganti sul prato di San Siro. Click, la miglior fotografia del momento ‘rossoneroazzurro‘.

E così l’1-1 non serve a nessuno. Anzi allunga le strisce negative di entrambe. L’Inter ha vinto solo due delle ultime otto partite, il Milan è a secco di vittorie da cinque turni (quattro pareggi e una sconfitta) e conferma di avere notevoli problemi a calare una serranda sulla porta. Solo Abbiati non ha subito gol quest’anno. Era il 5 ottobre. Due settimane dopo sarebbe iniziata l’involuzione del Milan. Quella dell’Inter dovrà essere stoppata da Mancini. Impegno difficile per quanto si è visto stasera, soprattutto perché bisognerà trovare un assetto equilibrato e che esalti le qualità degli uomini chiave in termini tecnici (Kovacic e Guarin). Milano è un cantiere aperto.

Twitter: @AndreaTundo1

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