C’erano una volta le semifinali di Champions alla milanese. Ma il mondo gira veloce e undici anni dopo quelle stesse squadre si ritrovano di fronte a San Siro per sperare di metterci piede, nell’Europa che conta. Anche perché la prossima coppa si alza nel loro stadio e almeno il sogno più che proibito di galoppare verso la finale casalinga vorrebbero cullarlo entrambe. C’è posto solo per una tra Milan e Inter al gran ballo del mercoledì sera e certo non tutto passa per il derby di domenica. Può essere una scossa, però. La sterzata che i nerazzurri hanno affidato a Roberto Mancini inizia così, di fronte ai rossoneri capaci di vincere solo due delle ultime nove partite. Davanti a quel Inzaghi autore di 4 gol nella più classica delle stracittadine. Già, Pippo, l’uomo delle notti di Champions ora tutta da conquistare affidandosi a Menez o a Torres, lasciati partire da due squadre protagoniste per davvero sul palcoscenico europeo.

È il più milanese dei faccia a faccia, questo Milan-Inter. Di quel tipo che ti prendi la città per mesi, mezzo traguardo stagionale. È casciavìt contro baùscia. Una sfida che non ha più gli occhi del mondo addosso ma dell’intera metropoli sì. Perché è cambiato quasi tutto, comprese sedi e proprietà. Una sola squadra impegnata in Europa, tra sfide a città azere che non esistono più e il Dnipro come spauracchio. E mai così male è andata in campionato negli ultimi vent’anni. Rossoneri e nerazzurri galleggiano nella pancia della classifica, non solo Juventus e Roma davanti ma pure le genovesi. Vivono di obiettivi minimi, tra questi i novanta minuti che valgono settimane di sfottò. Altro che scudetto dei record portato a casa dall’Inter il 22 aprile 2007 e risposta milanista in Champions appena un mese dopo. Ad Atene, sotto il 2-0 al Liverpool, l’autografo lo mise proprio SuperPippo che ora in giacca e cravatta chiede a San Siro di trasformarsi in una bolgia per respingere l’assalto nerazzurro condito dall’entusiasmo per l’arrivo di Mancini, che di derby ne ha vinti quattro, due proprio sette anni fa durante la galoppata che valse il suo secondo scudetto con la Beneamata.

Sarà l’occasione per scoprire come il suo 4-3-1-2 sta addosso all’Inter. L’ha cucito in fretta ma dovrà sembrare un abito di gala. Kovacic trequartista e libero da catene nel 4-3-1-2, Vidic sacrificato per far posto alla difesa a quattro davanti alla quale Kuzmanovic sostituirà lo squalificato Medel. Nessun nuovo Cambiasso a fare da diga e lanciare gli assalti, ma un argentino per sognare la Champions (di parteciparci, s’intende) quello c’è, Mauro Icardi. Infermeria un po’ più sgombra, ultimo dispetto a Mazzarri che la seguirà in tv. Si è portato via pure la colpevole pioggia, il tecnico toscano: si vedranno le stelle sopra San Siro, a questo giro di parte rossonera e finalmente pieno dopo due mesi nei quali solo l’Italia ha saputo attirare oltre 60mila spettatori. I 70 e più mila di domenica spingeranno il Milan tutto lotta e furore, con Alex e Rami in difesa e un centrocampo ancora da scrivere. Davanti Menez favorito su Torres, con El Shaarawy e Honda (o Bonaventura) a lavorare i nerazzurri ai fianchi. È il tridente con il quale si è spesso accesa la corrida di un Diavolo finora poco equilibrato che con ogni probabilità dovrà rinunciare anche a due martelli – in fascia e al centro – come Abate e De Jong, entrambi alle prese con problemi fisici.

Oggi visita di Berlusconi a Milanello, Thohir si è invece seduto in consiglio d’amministrazione perché il rilancio passa anche per la qualità delle finanze. L’indonesiano si affaccerà alla Pinetina domani. Suggerimenti e supporto, prima del grande silenzio di domenica. Poi l’adrenalina che crescerà tra piazzale Lotto e l’Ippodromo, fino alle luci di San Siro. Sperando di evitare la beffa del pareggio, ritardatario sulla ruota di Milano. Solo uno degli ultimi 19 derby è finito senza vinti né vincitori, appena tre dal 2000 a oggi. Vedono da lontano l’Europa, guardano dal basso la corsa scudetto. Qualcuno sventoli i propri colori almeno sulla città.

Twitter: @AndreaTundo1

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