©Dario De Siena
©Dario De Siena

Coincidenze da social. Questa mattina, sulla mia timeline di Facebook, ho letto come primo post quello di un amico che, con una semplificazione giornalistica, si potrebbe definire un “cervello in fuga“. In realtà si tratta di un imprenditore che, partito con uno spin off universitario, è arrivato a creare, insieme alla moglie, un’azienda di altissimo livello sul fronte della tecnologia avanzata. E che, un annetto fa, ha deciso di trasferirsi con famiglia e azienda a Boston, perché l’Italia gli andava ormai stretta, perché sul fronte dell’innovazione abbiamo dei ritardi paurosi, perché spesso è esasperante non vedere riconosciuti i propri sforzi e combattere con una burocrazia ferma al secolo scorso… Insomma, uno dei tanti che ha deciso che non valeva più la pena di combattere per migliorare questo Paese.

Però, questa mattina scriveva qualcosa che ha attirato la mia attenzione (mi perdonerà l’interessato se lo cito integralmente): “Vivendo tra Us e Italia mi rendo conto di quanto il nostro paese sia pieno di problemi e di quanto sia messo male, ma non ne posso più del catastrofismo degli italiani, siamo i primi detrattori di noi stessi e strenui esaltatori delle virtù degli altri. Nel bene o nel male siamo italiani e dobbiamo imparare a fare di ciò un nostro punto di forza, dobbiamo trovare una strada nuova e originale. Quindi invito tutti a trovare un aspetto positivo e da valorizzare del nostro paese e della nostra società, anche quando sembra che tutto vada a rotoli“.

Ho cliccato su “mi piace” perché condivido profondamente questo pensiero. E ho ricominciato a scorrere la mia timeline, imbattendomi in un’altra notizia, questa volta dal Parco Nazionale del Gran Paradiso: l’area protetta più antica d’Italia ha ottenuto un importantissimo riconoscimento, è entrata a far parte della Green List delle aree protette, la prima certificazione a livello mondiale che riconosce efficacia ed equità nella gestione dei Parchi. La certificazione è promossa dall’Iucn (Unione Mondiale Conservazione della Natura), quello stesso organismo che compila un’altra lista, la Lista Rossa, che raccoglie tutte le specie in serio pericolo di estinzione del mondo.

Il successo va misurato con i numeri: in questa prima fase di lancio solo 24 aree protette (su 210 mila nel mondo) hanno ottenuto la certificazione, che richiede il rispetto di una serie rigorosissima di standard e che di fatto attesta se i parchi stiano o meno raggiungendo lo scopo per il quale sono state create. Nel caso del Pngp, evidentemente, è stato riconosciuto (all’unanimità) che è così: il parco tutela flora e fauna alpina e il delicato equilibrio tra uomo e natura su cui si basa l’ambiente di montagna.

Ebbene, la notizia mi è sembrata una perfetta risposta al post del mio amico “cervello in fuga”. È la classica “good news” che non troverà grande spazio sui nostri media, sempre impegnati a raccontare le nostre tante magagne, ma che invece meriterebbe spazio, perché dice chiaramente che l’Italia, quando vuole, sa produrre eccellenza. E in questo caso lo fa con natura, conservazione, paesaggio, materie prime fondamentali del nostro paese. Qualche tempo fa, su queste pagine, raccontavo del perché il Parco Nazionale del Gran Paradiso rappresenti un modello vincente di area protetta “che sa essere anche un polo di ricerca scientifica e naturalistica “sul campo”, unico nel suo genere, perché si basa proprio su un rapporto strettissimo con il territorio, la fauna, la flora”.

Oggi quel riconoscimento di eccellenza arriva dal livello più alto in campo di conservazione. Servirà a far capire meglio e a più persone (soprattutto a chi prende decisioni) che proteggere un territorio, la sua biodiversità, le sue tradizioni non è un costo ma un investimento per il futuro? E che a volte è meglio impiegare il tempo passato a piangersi addosso per andare a cercare eccellenze come quella del Gran Paradiso?

Colonna sonora

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