Matteo Renzi perde 10 punti nella classifica dei leader politici, e anche il Pd, nelle stime di voto, scivola dal 41% al 36,3%. E’ quanto emerge dal sondaggio Atlante Politico realizzato da Demos & Pi per La Repubblica (qui i dati) che confronta i numeri emersi dalle urne delle Europee con le stime di voto di novembre 2014. A crescere sensibilmente è invece la fiducia in Matteo Salvini (30%) seguito da Maurizio Landini (28%) e Giorgia Meloni (11,5%).

Il calo per il Partito democratico si consuma in un mese solo. L’ultima rilevazione era stata effettuata prima dello sciopero della Cgil, in cui il sindacato guidato da Susanna Camusso era sceso in piazza a Roma per protestare contro il Jobs Act e ribadire le tutele da estendere a tutti i lavoratori, articolo 18 incluso. “Il calo di popolarità del premier e del governo, però, – scrive Ilvo Diamanti su Repubblica – appare particolarmente significativo perché, a differenza di quanto si era osservato settembre, stavolta si riflette anche sul piano elettorale. Il Pd, infatti, nelle stime di voto, scivola dal 41% al 36,3%. Sempre molto, visto che, alle politiche, aveva raggiunto, al massimo, il 33%, nel 2008. E nel 2013 si era fermato al 25%”. Si tratta, comunque, di quasi 5 punti in meno rispetto a un mese fa. Ma quali sono le ragioni del calo di fiducia degli elettori? Secondo il sondaggio, se in passato i democratici avevano agito come un “partito pigliatutto” in grado di attirare consenso tra fasce di elettorato fra loro eterogenee (da sinistra al centro, raccogliendo anche voti a destra), “oggi una quota importante di quanti avevano votato Pd alle europee (quasi 2 su 10) appare in stand-by. Non esprime alcuna scelta. In attesa. Di quel che avverrà”.

Le ragioni del calo sono da ricercare anche nella ricomparsa all’orizzonte della crisi economica, portata “alla ribalta” dalla manifestazione della Cgil che ha contribuito significativamente a spezzare il consenso nei confronti del presidente del Consiglio. Dal suo insediamento a Palazzo Chigi, inoltre, il premier ha puntato sulla velocità della sua tabella di marcia, tra riforme, comunicazione social e promesse di cambiamento. “Oggi, però, – sottolinea ancora Diamanti –  questo esercizio di stile fatica a funzionare come prima. Non tanto per colpa del sindacato e della Cgil”. In sostanza, “l’esercizio di stile” di Renzi, che intende complicare anche la verifica delle promesse “difficili da realizzare”, non si è rivelato tanto efficace come in passato. Ed è “come se la delusione avesse oscurato le qualità taumaturgiche attribuite al premier”.

Dal corteo del sindacato – che paradossalmente “ha perfino peggiorato la propria immagine, dopo la manifestazione del 25 ottobre” – l’attenzione è tornata sulla crisi economica “che si fa sempre più pesante. Accentua le disuguaglianze sociali”. E “così – continua Diamanti – la fiducia nel governo cala al 30% fra quanti pensano che, nel prossimo anno, il reddito della loro famiglia e il livello della disoccupazione sono destinati a peggiorare. Ma si riduce ancor di più (27%) tra coloro che scommettono su un ulteriore deterioramento dell’economia italiana”. Il risultato è che si indebolisce il consenso nei confronti di Renzi e si contrae anche quello verso il partito.

Nel panorama di calo del consenso per la sinistra democratica, però, si fanno spazio Matteo Salvini e la Lega, “che si avvicina all’11%” e che oggi rappresenta la vera “Destra Nazionale”. E “la ‘popolarità’ di Salvini appare elevata anche nel Mezzogiorno (intorno al 30%)”. Per quanto riguarda le altre formazioni politiche, “risalgono, invece, anche se di poco, Forza Italia, Sel, insieme alle formazioni della sinistra critica e i Centristi, mentre il M5S è stabile, intorno al 20%”.

 

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